TESTATA:
REPUBBLICA
DATA:
13/02/2001
PAGINA:
41
SEZIONE:
CULTURA
OCCHIELLO:
scoperte archeologiche
TITOLO:
Età del mito con quei segni sull' argilla l' uomo cominciò
a
scrivere
SOMMARIO:
I suoi studi su alcuni reperti trovati nella città di
Tebe sono
considerati fondamentali Parla Louis Godart considerato tra
i
massimi studiosi delle origini della scrittura
AUTORE:
sergio frau
TESTO:
La felicità? E' un mucchietto di argilla graffiata. A
uno studioso
possono anche bastare 250 coccetti non più grandi una
falange di
pollice, purché, però, riescano a bucare - con
quel che raccontano
- la Preistoria trasormandola in Storia. Se si ha davvero fortuna
si può arrivare al primo strato della prima religiosità
greca...
Al professor Louis Godart è successo proprio questo,
e non fa
niente per nascondere la sua di felicità. Li ha studiati
per anni
quei cocci saltati fuori, tra il novembre 1993 e il ' 95, dalle
viscere di Tebe. Ora cominciano a dargli soddisfazioni anche
in
pubblico: l' altro giorno, all' Accadèmie de France,
a Parigi, c'
erano tutti ad ascoltarlo. Qui in Italia, poi, stanno arrivando
il
libreria due volumi che raccontano queste sue nuove scoperte.
Belga di nascita, in cattedra a Napoli, una casa a Roma,
scavi a
Creta, il professore parla un italiano perfetto, striato di
Mediterraneo: " Mo' spiego: qui c' è "Ma
Ga", ovvero Meter Ghe,
ovvero Madre Terra. Questi segnetti? E' "o-po-re-i",
l' epiteto
dello Zeus "protettore dei frutti", lo Zeus "opores"
ritracciato
anche altrove. E c' è Korè, quella che - secondo
la tradizione di
Eleusi - sappiamo essere la figlia di Zeus e Démetra.
Una triade,
insomma. Qui abbiamo ancora qualche dubbio, ma pure dietro
queste
scritte, "a-pu-wa", potrebbero nascondersi divinità:
forse le
Arpie. Tutte queste altre incisioni? Tutti nomi di animali.
"Animali sacri, però. Ed è la prima volta
che riappare il magico
serraglio, attestato anche in archeologia, che accompagnerà
i
luoghi e i riti più santi anche 500 anni dopo: c' è
"e-pe-to-i",
serpenti; c' è il "mulo" che attirava offerte
di vino; c' è il
cane; ci sono gli uccelli, "o-ni-si" e ci sono,
segnalati tra le
offerte, i porci e le gru. Creature sacre da offrire in
sacrificio, certo, ma anche simboli delle divinità:
serpenti e
gru, ad esempio - e questo ce lo racconta Luciano - sono
determinanti in alcuni riti di Démetra. E' una scoperta
fantastica! E' il terzo archivio di lineare B (un tipo di
scrittura antica, n.d.r.) che salta fuori dopo quello trovato
da
Evans a Cnossos nel 1900 e l' altro di Pylos, rintracciato
nel
1939... E, per certi versi, è anche il più sorprendente".
Il
perché, lo spiega subito dopo: "Ma si rende conto?
Qui sono
attestati alcuni déi e alcuni riti di cui parlano fonti
molto,
molto più tarde. E' la prima volta che troviamo Zeus,
nel 1200
a.C., con la Madre Terra. Certo, non è ancora il signore
assoluto
dell' Olimpo... Divide gli onori e le offerte con la Dea Madre
che, poi, è Dèmetra protettrice dei campi e
di ogni fertilità, ma
è già un dio importantissimo. Gli "Omero"
arrivano quasi cinque
secoli dopo; Erodoto sette...".
E sì, quel che è saltato fuori a
Tebe, mitica capitale della Beozia, è davvero un piccolo
tesoro:
sono terracotte piccole piccole che, però, relegano
il fenicio re
Cadmo al ruolo di ultimo arrivato. Era argilla fresca quando
- un
crollo prima, un incendio subito dopo, cuocendola e seppellendola
per tremila anni almeno - sparì sottoterra con la vita
del
magazzino del tempio dov' erano appena state usate per archiviare
delle offerte agli déi.
"Fidarsi è bene; non fidarsi è meglio"
devono averlo detto qui, in greco molto, molto tempo prima
di
quanto si pensi. La scrittura nasce così, a far da
antifurto: le
piccole argille fresche sigillavano e descrivevano con quantità
e
contenuto, alcuni vasi nel magazzino di uno dei palazzi della
Grecia arcaica, quelli famosi del 1200, a Tebe. Tutti ormai,
da
Schliemann in poi, quel periodo lo chiamano, "Miceneo".
Ma è solo
una comodità, visto che quel chiaccheratissimo scopritore
di Troia
- sull' abbrivio delle sorprese regalategli dagli scavi nella
città di Priamo - volle indagare Micene. Così,
da allora - ed era
la fine dell' Ottocento - tutto quel che vien fuori agli
archeologi e somiglia a quei suoi antichi ritrovamenti lì
a
Micene, fu battezzato "miceneo", anche se poi, invece,
a farne la
mappa si disegna l' intero Mediterraneo.
Il professor Louis
Godart li guarda, quei cocci, persino con affetto. A lui -
che la
scrittura nel mondo egeo l' ha vista nascere (con la Lineare
A dei
geroglifici, ancora indecifrato), sparire, ricomparire tutta
diversa (intorno al 1300 a.C., con la Lineare B), svaporare
di
nuovo per secoli, per poi tornare insieme ai Fenici ed il
loro
alfabeto intorno all' VIII secolo - tutti questi graffietti
parlano: ed è la grande Tebe che si racconta, da piccola.
Ma è
anche la passione di tutta una vita che si materializza, ancora
una volta. " All' inizio, da ragazzo, puntavo a fare
il filologo.
Poi però, mi sono reso conto che quel tipo di approfondimenti
va
fatto conoscendo bene il contesto delle parole che cerchi
di
decifrare". Godart è l' unico al mondo che ad
aver indagato (e
pubblicato) tutte le scritture egee. Solo sul Disco di Festos
e
sulla Lineare A, ha dovuto arrendersi: "Troppo pochi
quei
geroglifici a spirale del disco, purtroppo, per afferrarne
il
significato, per ipotizzarne un senso... Troppo pochi anche
i
geroglifici della Lineare A per essere certi di qualcosa".
Ora
Tebe e queste incisioni minime appena riapparse - per fortuna
in
lineare B, ormai leggibile da una cinquantina di anni - che
raccontano le primissime pagine della storia di una delle
città
più importanti della Grecia, quelle ai confini della
preistoria
greca, là dove se non ci fossero stati prima i due
grandi teologi
del mondo greco - Omero ed Esiodo - e poi il trio dei tragici
ad
affollarle di miti e déi, per molti versi si brancolerebbe
ancora
nel buio.
Tebe. Di là dai monti c' è Delfi. Un po' più
in là
verso Oriente la costa. Più in là ancora, di
là dal mare, l'
Anatolia (che poi, proprio Oriente, significa) con i suoi
cervelloni, a Mileto e a Efeso.
Questo nuovo, antichissimo
archivio di Tebe è saltato fuori grazie a dei lavori
per un
acquedotto, e finisce proprio in questi giorni, in due libri
del
professore: uno più scorrevole, fascinoso e maneggevole,
dell'
Einaudi - ristampa, aggiornata da una nuova prefazione, de
L'
invenzione della scrittura. Dal Nilo alla Grecia (pagg. 286,
lire
20.000) - l' altro, per gli Istituti editoriali e poligrafici
internazionali, il corposo (pagg. 439) Thebes, fouilles de
la
Cadmée, dove, coccio per coccio, graffio per graffio
lui - con l'
archeologo greco Vassilis R. Aravantinos, responsabile di
Tebe e
la filologa italiana Anna Sacconi, diventata sua moglie 23
anni fa
- pubblicano l' intero "corpus" ritrovato.
Ogni segno, ogni
frase, ogni dettaglio è importante. Racconta Godart:
"Guardi
quanto il contesto può aiutare: qui dove si parla di
serpenti e di
Ma Ga (ovvero Madre Terra, ovvero Démetra)...Se non
avessimo già
avuto negli occhi anche quelle dee che agitano al cielo i
loro
serpenti, riapparse dagli scavi, non saremmo mai stati in
grado di
collegarli insieme con certezza. E la zuppetta d' orzo censita
in
quest' altro nodulo ben conservato? Se non conoscessimo le
fonti
sarebbe una zuppetta, una zuppetta e basta. Invece è
un inno
omerico - e proprio quello a Démetra - che ci racconta
che proprio
questa pietanza fu quella offerta dalla regina di Eleusi alla
sua
divina ospite.
"Insomma: quest' archivio - integrato con gli
altri della Lineare B - ci mostra i primi rami del pantheon
greco.
Un pantheon arcaico assai semplificato rispetto a quello olimpico,
più affollato, che troveremo negli scritti di mezzo
millennio
dopo. C' è Zeus, sì, ma senza Hera, ci sono
Dioniso, Poseidone e
Hermes ma mancano ancora Apollo, Afrodite, Efesto, che arriveranno
molto più tardi a dar manforte ai primi déi.
Come me lo spiego? La
baraonda che travolse la Civiltà dei Palazzi, deve
aver ghiacciato
in Grecia quelle prime radici di religiosità che altrove
- in
Anatolia soprattutto, con la sua Cibele, un' altro nome della
Madre Terra - continuarono a germogliare e crescere anche
grazie
ai contatti con la vicina costa fenicia. S' irrobustirono,
si
svilupparono sempre più complesse, quelle antiche radici
per
ricollegarsi di nuovo, ma solo più tardi, con la Grecia".
Poi, ma
come parlando tra sé e sé: " A me queste
cose, ancora oggi,
emozionano. Lo dico sempre ai miei studenti: niente è
mai sicuro
per sempre! Queste prime, grandi civiltà sono state
azzerate,
smemorizzate da cataclismi o invasori. La scrittura si perde,
l'
organizzazione dei Palazzi "micenei" va in frantumi,
persino la
capacità di navigare - quell' antica sapienza marinara
che per
mezzo millennio tra il 1700 e il 1200 aveva fatto ricchi e
sapienti i popoli egei, scompare. Il mare farà paura,
per secoli:
bisognerà aspettare i Fenici di Cadmo & C., nell'
VIII secolo, con
il loro alfabeto da esportazione, fatto solo di consonanti,
per
ricominciare a scrivere. I Greci dell' VIII secolo vi inseriranno
soltanto le vocali e cominceranno, di lì a poco, a
mettere nero su
bianco le loro tradizioni orali più antiche. E noi
oggi, più o
meno, usiamo ancora quell' impianto di scrittura, appena appena
aggiornato. La storia va guardata anche così: ogni
conquista di
civiltà va protetta, difesa, rafforzata. Compresa la
democrazia,
ché tante volte l' abbiamo vista sparire: io scavo
da 32 anni in
Grecia, ho conosciuto la Grecia dei colonnelli e quegli anni
terribili. Quando parlo, anche là, con ragazzi di 20
anni, di quel
periodo, sembra quasi che stia raccontando della protostoria
egea.
Non c' è memoria. Non si rendono neppure più
conto di quanto
triste e grande fu l' umiliazione subita dal loro paese fino
a un
quarto di secolo fa. A me questo sempre fa una gran paura".
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