Gli Optional
A.A.A.Altri articoli di produzione propria
TESTATA:
REPUBBLICA
DATA:
28/12/1998
PAGINA:
37
SEZIONE:
SPETTACOLI
OCCHIELLO:
La magia di Spielberg? Due fiction in una "Come sono divertenti
quei geroglifici che si animano". Ma i cammelli...
TITOLO:
"Bello questo Egitto ma non c' è la Storia".
Abbiamo visto il film
animato "Il principe d' Egitto" insieme all' egittologo
Sergio
Donadoni
AUTORE:
di SERGIO FRAU
TESTO:
ROMA - Su quei cammelli che ciondolano nello schermo - già
addomesticati ai tempi di Ramses, nel 1200 avanti Cristo - storce
un po' il naso: "In Egitto non c' erano ancora. Bisognerà
aspettare più di mille anni perché qualcuno impari
a cavalcarli, a
piazzargli addosso la sella giusta...". E anche per quella
vorticosa scena iniziale a forti tinte - con il giovane faraone
e
Mosè che saettano con i loro cocchi su impalcature di
legno di un
tempio in costruzione - ha qualcosa da ridire: "L' antico
Egitto
non aveva legno: per tirare su i templi in pietra ci si aiutava
con terrapieni di argilla e paglia. A Karnak ci sono ancora...".
Quando però, a un certo punto, da dipinte sul muro le
armate di
Sethi, padre di Ramses, rompono le righe e si sparpagliano,
si
mischiano, corrono quasi danzando sulla parete, a raccontare
la
strage dei piccoli primogeniti degli ebrei, Sergio Donadoni
-
grande, simpatico vecchio dell' egittologia italiana - se ne
esce
con un "Che bello!", detto di cuore. E sì,
lui che dall' alto dei
suoi 84 anni, dell' Egitto ha visto tutto, che legge i
geroglifici, che ti parla dei faraoni come se fossero stati
a
scuola con lui, a una scena del genere non aveva mai assistito:
le
magie dell' animazione virtuale firmate Katzemberg, Spielberg
& C.
gli fanno muovere davanti agli occhi, sullo schermo, quei
personaggini acquerellati che dalle pareti dei templi e delle
tombe raccontano l' Egitto. E poco importa se nella storia dei
Faraoni di un episodio del genere non v' è traccia: per
lui, per
quel che riguarda la fiction, ognuno può fare quel che
vuole.
Così, di buon grado con allegria, ha accettato di assistere
a un
anteprima di Il principe d' Egitto dove con i cartoons si racconta
l' Esodo del popolo ebreo dall' Egitto, secondo il racconto
dell'
Antico Testamento. E siccome la squadra di Hollywood che l'
ha
realizzato, ha preso tutte le precauzioni possibili per farne
un
prodotto religiosamente corretto (consulenze di esperti ebrei,
cattolici e islamici; ma anche una visione preventiva in
Vaticano...) era interessante fare un test per verificare se,
anche da un punto di vista storico, tutto quadrasse. "Un'
avvertenza" premette il professore "Ci troviamo di
fronte a una
doppia fiction". Prego? "Una è quella della
Bibbia che è stata
scritta almeno sei secoli dopo gli anni di Ramses, riunendo
e
sistematizzando i racconti della tradizione orale di un popolo
che
come quasi tutti, allora, poneva alle sue origini un evento
mitico, prodigioso su cui compattare la propria identità.
L' altra
fiction è questa che Spielberg e soci ne hanno tirato
fuori". La
Bibbia come fiction? Non è un concetto un po' troppo
azzardato,
professore? "Se vogliamo parlarne scientificamente certo
che no.
Ormai anche i maggiori studiosi di archeologia biblica sono
d'
accordo che il problema non è più rintracciare
le corrispondenze
storiche alla Bibbia, ma quanto di storico contenga". Quindi?
"Quindi i prodigi che racconta non sono importanti per
lo storico:
è inutile cercare dove il Mar Rosso si sia aperto, o
la montagna
del roveto ardente o se le sette piaghe con il fuoco che cade
come
grandine siano legate all' eruzione di Santorini... Ma è
interessante prenderli in considerazione con il massimo rispetto
come reperti della costruzione di un fede. Se poi li andiamo
ad
analizzare uno per uno o a cercarne riscontri nei testi antichi,
beh allora...". Allora cosa? "Allora troviamo antichi
racconti
egizi con maghi che aprono le acque di un lago per recuperare
il
ciondolo di una principessa; o anche possediamo i libri paga
degli
operai che dimostrano bene che in Egitto, allora, non c' erano
schiavi martoriati del tipo che Hollywood e la Bibbia ci
descrivono". E che schiavi erano, allora, quelli che costruivano
quegli edifici colossali? "Erano persone normali, operai
retribuiti con tanto di giorni festivi e di malattie previste.
Sappiamo cosa mangiavano, quanto venivano pagati. Per lo più
si
trattava di poderose corvèe di lavori pubblici realizzate
quando
il Nilo allagava tutto ed era impossibile lavorare ai campi.
Certo
non era una vita facile. Ma l' Egitto con il suo clima, con
il suo
Nilo pieno di pesci, con le sue rive fertili era un paradiso
rispetto al resto del mondo di quei tempi". Nel film, però,
sembra
un paradiso solo per il Faraone e i suoi... "è logico
che
narrativamente si fugga da un posto terribile: se no che motivo
avrebbero gli ebrei per abbandonarlo? Di certo, però,
non vi sono
riscontri di nessun tipo nella mastodontica documentazione che
i
faraoni ci hanno lasciato di una schiavitù ebraica in
Egitto". E
l' Egitto del film? "è un Egitto un po' troppo color
sabbia: l'
Egitto della vita è, invece, verdissimo, e ancora di
più lo era
allora. Solo dove iniziava il deserto - a occidente, dove anche
il
sole moriva - era terra di morti. E l' Egitto dei templi, poi,
era
di mille colori: non dobbiamo basarci su quel che c' è
oggi e che
i millenni hanno scorticato... è buffo vedere quanto
i disegnatori
della Dreamworks si siano basati sulle stampe ottocentesche
per i
loro scenari: c' è addirittura una colonna caduta del
tempio di
Karnak che sia Vivant Denon che David Roberts hanno raffigurato
nelle loro incisioni. Da quasi un secolo quella colonna è
di nuovo
in piedi e, comunque, lo era senza dubbio ai tempi di Ramses".
E
lui, Ramses come le sembra? "Dopo che Christian Jacq ne
ha fatto
una superstar spiace un po' dirlo, ma era realmente un grande
sovrano: qui moraleggia un po' troppo, parla solo per massime,
sentenzia a tutto spiano...". Ma, insomma, il film le è
piaciuto?
"Spettacolare, divertente, a tratti persino interessante.
E,
comunque, senza dubbio di gran lunga più serio di quei
programmi
di Lorenza Foschini con il suo Egitto inventato che una
televisione di Stato dovrebbe persino vergognarsi di mandare
in
onda".
DIDASCALIA:
A sinistra, un' immagine del cartoon prodotto dalla Dreamworks
di
Spielberg "Il principe d' Egitto". In alto, l' egittologo
Sergio
Donadoni
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