Gli Optional
A.A.A.Altri articoli di produzione propria

TESTATA:
REPUBBLICA
DATA:
29/05/1998
PAGINA:
41
SEZIONE:
CULTURA
OCCHIELLO:
Duemilaseicento capolavori dell'arte greca sistemati in duemila
metri quadrati allestiti da due italiani citando Schinkel.
Distrutto durante l' ultima guerra e ancora ieri si è trovata
una bomba nel giardino fu ricostruito o meglio devastato negli
anni Sessanta
TITOLO:
Pericle a Berlino RIAPRE L' ALTES MUSEUM
SOMMARIO:
Con qualche malizia di regia convivono nell' ultima sala
Adriano sua moglie Sabina e Antinoo a ricreare un famoso
triangolo
AUTORE:
di SERGIO FRAU
TESTO:
Berlino L' Altes Museum riapre. E torna a raccontare di quando
Berlino sognava di essere l' Atene del Nord. E di come invece,
poi, impazzì e finì per diventare una terribile Sparta. L' ultima
volta che si sono visti tutti insieme questi suoi capolavori,
infatti, il palazzo era bello come cent' anni prima quando
Schinkel l' aveva costruito. Hitler c' era ancora e Goebbels, per
la cultura, dettava legge. Era il 1939. Poi, il disastro: la
Polonia, la paura delle bombe; il bunker nello zoo; e la
deportazione a Leningrado per le statue più grandi; e i depositi
dell' Ovest per tutto il resto. E il lungo, lento ritorno nella
Berlino divisa, con quel maledetto muro che tagliava, insieme alla
vita della gente, la visione di questa collezione che aveva fatto
sognare Goethe, Freud e ogni archeologo del mondo. E ora, eccoli
di nuovo insieme, questi tesori. Bellissimi. Famosissimi.
Finalmente in pace. C' è, persino, la testa di Pericle a far da
icona e simbolo. Come a volergli far ripetere - in mezzo al mare
di arte greca che lo circonda - quelle sue strazianti parole di
2500 anni fa, con i Persiani che l' assediavano: "Noi spieghiamo a
tutti la nostra grandezza con importanti testimonianze... Saremo
ammirati dagli uomini di ora e da quelli che verranno senza
bisogno delle lodi di un Omero...". Tutto vero, tutto giusto: la
Grecia, qui, torna a trionfare. Ogni museo - si sa - ha una sua
vita. L' Altes Museum ne ha almeno tre. Quella che ricomincia oggi
- in pompa magna, schierando 2600 capolavori di arte greca, con le
autorità della politica e della cultura in giro tra vasi di
Eufronio e di Exekias, gli ori dell' Epiro e di Taranto, i trionfi
d' argento, le sculture, le rarità di Sparta, i bronzi di ogni
tipo- è solo l' ultima delle sue vite: la resurrezione di un museo
mitico. Bisognava farlo entro maggio questo rito di rinascita. In
modo da celebrare con puntualità i 300 anni dall' arrivo nella
wunderkammer degli Hohenzollern della collezione di antichità
romana di Giovanni Pietro Bellori, un fregoli dell' arte e dell'
antichistica al quale Roma, finalmente, l' anno prossimo dedicherà
una mostra per raccontarne le tante facce: fu consulente del papa,
bibliotecario di Cristina di Svezia, perito numismatico per gli
Strozzi, amico e biografo di Poussin e di cento altri pittori, e
talmente contagiato dal virus dell' archeologia da mettere in
piedi quella splendida raccolta di statue e vasi degna di un re
che, alla sua morte, arrivò fin qui a far da calamita ad altri
capolavori. Acquisti, matrimoni di sangue blu, scavi, lasciti,
traffici illegali (almeno fino a una trentina di anni fa): è
davvero ingarbugliato l' albero genealogico delle sue collezioni.
Il professor Wolf-Dieter Heilmeyer - che delle antichità berlinesi
è il responsabile - ci si arrampica, però, con disinvoltura. Ama
ogni pezzo, lo conosce da sempre e lo tratta con parole sapienti e
i guanti bianchi che sta usando ora, che dà gli ultimi ritocchi
alle vetrine e alle loro luci. Bisogna vederlo, e sentirlo,
davanti a una testa di marmo diafano: "Guardi, guardi: questo è un
pezzo straordinario. Non se ne trova al mondo uno più bello! E'
arte ateniese del 530. Nel secolo scorso finì nella collezione di
un russo, tal Sabouroff, poi arrivò sul mercato... Probabilmente è
un ritratto, forse di un egiziano. Questa barba così, non si trova
mai... Forse era un ambasciatore. Comunque se davvero è un
ritratto, è il primo della storia dell' arte". E davanti al grande
vaso di Eufronios: "Per fortuna è qui da sempre. Il Getty ne ha
uno, rubato. Il Metropolitan ha dovuto pagare tre miliardi per un
altro bellissimo, ma anch' esso rubato. Il nostro, invece, ha una
storia lunga...". E del Ragazzo che prega, un bel bronzo in
posizione d' onore: "E' stato trovato a Rodi nei primi anni del '
500. Poi andò a Venezia, Brescia, a Parigi, Londra, Parigi di
nuovo, Vienna, poi finalmente, 250 anni fa, Berlino". Ha usato
questo tricentenario come un pungolo il professor Heilmeyer. Così,
nel ' 94, ha messo in gara architetti europei per risistemare l'
edificio disegnato da Schinkel. Ce l' hanno fatta due italiani -
Beppe Caruso e Agata Torricella, un ottantina d' anni in due, uno
studio a Milano - che hanno avuto l' onore e l' onere di
riallestire, con un budget complessivo di cinque miliardi, le
grandi sale che cingono in un rettangolo la rotonda similpantheon
che Schinkel aveva piazzato nel suo edificio inaugurato il 3
agosto 1830 alla presenza di Federico Guglielmo III. Quel suo
museo orientò chi, poi, inventò Berlino: l' isoletta nello Sprea
su cui sorge divenne, tra ' 800 e primi anni del' 900, "L' Isola
dei Musei". Subito dopo, infatti, sorse lì dietro il "Neues
Museum" (che fece ribattezzare "Altes", ovvero "Vecchio" l'
edificio di Schinkel), e più in là - per ospitare le mastodontiche
rovine di Pergamo - il primo Pergamonmuseum trasferito poi, nel
1930, sempre in zona, nel colossale edificio dov' è ancora oggi.
Tra il 1943 e il ' 45 dal cielo sopra Berlino piovve morte: 71
mila tonnelate di bombe, 75 milioni di metri cubi di macerie!
Anche l' Altes Museum (come quasi tutti i musei berlinesi) andò in
parte distrutto - figurarsi che una bomba l' hanno ritrovata
ancora inesplosa proprio ieri, risistemando il giardino del museo
- e fu ricostruito negli anni Sessanta dal regime di Berlino est
ma con il gusto della Berlino Est di quegli anni: via, dal nuovo
progetto, le colonne che scandivano le sale! Via le pareti scure!
Via i pavimenti d' epoca. Via da lì - dove sarebbero potute
ritornare tranquillamente - anche la collezione di antichità per
lasciare spazio alle mostre del realismo socialista trionfante
allora. Così Caruso & Torricella hanno dovuto fare i conti con
questi locali (quasi 2000 metri quadri) dove il fantasma e lo
stile di Schinkel era ormai scomparso per sempre. Hanno cercato di
rievocarlo loro piazzando dei pilastri a segnare i posti dov'
erano le belle colonne, riaprendo porte e finestre, eliminando una
scala nuova che non c' entrava niente, reinventandosi soffitti a
cassettoni in gesso liscio che riflette, soffusa, la luce che i
pilastri gli sparano contro. Ed è in questo ambiente chiaro che
ora 200 vetrine sui toni del grigio perla scandiscono, come
quinte, il percorso nella grande arte greca. Aprono la parata i
piccoli spettri cubisti delle Cicladi. Subito lì a fianco, i primi
vasi che della geometria riescono a fare arte, i tozzi bronzetti
per ringraziare Dio di qualche piacere ricevuto, le tavolette d'
argilla dipinte con scene di lavoro... E si arriva subito alla
grande poesia cavata fuori lì dove gli archeologi tedeschi in
questi due secoli hanno lavorato di più: Creta, Micene, Samo,
Corinto, Mileto, Olimpia... Proprio da Olimpia, stipati in bell'
ordine in una vetrina dove sembrano appena appoggiati lì, arrivano
la ventina di elmi di varie fogge: li donavano al tempio i soldati
che avevano portato a casa la pelle dalla guerra. Di tanto in
tanto belle sorprese rompono il ritmo prima cronologico poi
tematico (le feste, le donne, gli dei...) che accompagna tutta l'
esposizione. A sorprendere non sono solo le due salette dei tesori
- quella degli ori (a lamina, a filigrana, sbalzati...) e quella
degli argenti, portentosi e raffinatissimi, trovati tutti insieme,
per caso, nel 1868 a Hildesheim, vicino Hannover - ma anche e
soprattutto grandi sculture (L' atleta di Berlino, ad esempio, uno
splendido marmo romano copiato da un bronzo greco misura un metro
e 75; Il kouros di Naxos, senza testa né gambe, è 112 centimetri),
vasi giganti di grande scena poggiati su piedistalli, o anche in
vetrine fuori norma come questa molto più grande delle altre che,
bella com' è e zeppa di vasi a figure rosse, fa brillare gli occhi
al professore: "Li ho fatti comprare io" dice, quasi affettuoso. E
arrivano inaspettati, verso il finale, colossali e movimentati
come sono, due sarcofagi: gli architetti li hanno quasi nascosti
dietro una paratia in modo che li si veda solo all' ultimo, d'
improvviso. Uno è il Sarcofago Caffarelli; l' altro, il Rinuccini,
un tempo di una famiglia fiorentina che se lo vendette nel 1904:
era in America da allora, ed è stato acquistato in asta soltanto
nel 1987, quando noi come ministri dei Beni Culturali avevamo
Gullotti e Vizzini. Con qualche malizia di "regia", nell' ultima
sala, convivono Adriano, sua moglie Sabina e il bell' Antinoo a
ricreare il triangolo d' amore più famoso della storia. Finisce
così, con l' imperatore più greco che Roma abbia mai avuto, la
camminata nelle meraviglie. Roma e gli Etruschi - di cui il museo
ha nei magazzini trofei strabilianti - dovranno aspettare: con
quel che costa la zona est da ritirare su, persino la Germania ha
limato i budget per la cultura e, così, al secondo piano dell'
edificio di Schinkel, dove Heilmeyer aveva sperato di far
proseguire il suo racconto d' arte antica presentando il resto
della collezione, andrà, invece, una campionatura di pittura ' 800
che sarebbe stata, altrimenti, per troppo tempo invisibile e che
così, invece, si mostrerà al pubblico da luglio prossimo. Solo
quando "l' Isola dei Musei" sarà risistemata del tutto e la
pinacoteca troverà il suo nuovo spazio, lasciando il posto all'
arte romana, l' Altes sarà davvero come Heilmeyer lo sogna. Su
cosa esporvi ha solo l' imbarazzo della scelta: "Il nostro
catalogo comprende sessantaduemila pezzi: l' Altare di Pergamo,
con i suoi 6000 frammenti, mastodontico com' è, è solo uno di quei
sessantaduemila".
DIDASCALIA:
Sopra, Carl Daniel Freydanck: "Veduta dall' interno dell' Altes
Museum di Berlino"; a fianco, "Ritratto di Pericle con elmo
corinto"
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