Gli Optional
A.A.A.Altri articoli di produzione propria
TESTATA:
REPUBBLICA
DATA:
06/05/1998
PAGINA:
35
SEZIONE:
CULTURA
OCCHIELLO:
Un' esposizione al Petit Palais racconta le glorie, da Alessandro
a Cleopatra, della celebre città nell' anno franco-egiziano
TITOLO:
Mitica Alessandria GRANDI MOSTRE
AUTORE:
di SERGIO FRAU
TESTO:
Parigi Eccoli, di nuovo splendenti, quei grandi seni di granito
rosa. Strano, stranissimo Egitto.... E che strana questa Grecia!
E' l' Ellenismo che mischia tutto. Sotto i fari del Petit Palais
quei seni sono tornati possenti e magici come quando, quasi
tre
anni fa - imbragati dalle funi, trascinati da enormi palloni
-
lasciarono la fanghiglia del porto di Alessandria per brillare
-
gocciolanti, dondolanti da una gru - al sole di mezzogiorno.
Di
nuovo sorprendente, felliniano, come allora, l' imponente busto
domina la sala dedicata al Faro e scherza di simmetria con una
monetina di bronzo talmente minuscola che bisogna guardarla
attraverso una lente: vi è incisa l' immagine di quella
stupefacente torre di 109 metri, con Zeus e il fuoco in cima,
che
i primi Tolomei vollero, nel 297 a.C., per far sempre più
bella e
importante Alessandria, il villaggione finalmente diventato
loro,
ancora tutto però da inventare e costruire. Fuori - sul
piazzale
antistante il Petit Palais, a fare da segnale forte all'
esposizione - anche il colosso di un Tolomeo, ripescato in pezzi
e
ora ricomposto, è tornato regale. Dentro il palazzo,
uno spezzone
di obelisco inciso dai geroglifici - quello che le foto subacquee
avevano fatto conoscere dalle pagine patinate dei settimanali
coperto di alghe e corteggiato da drappelli di pesci gialli
e blu
- è stato piazzato in apertura di mostra, circondato
dagli arazzi
di Re Sole, fastose tessiture grandi come schermi technicolor
che
resuscitano, filo per filo, le follie di Alessandro il Grande
che
Alessandria fondò nel 331 a.C., otto anni prima di morire.
Eh sì,
li hanno valorizzati davvero come meritano questi pezzi di
meraviglia che il mare ha restituito. Del resto il curatore
scientifico di questa mostra che apre oggi e dura fino al 26
luglio, è quello stesso Jean-Yves Empereur che, nel '
95, trovò
soldi e sponsor ed entusiasmo per recuperarli proprio quando
le
autorità militari del porto stavano per seppellirli per
sempre
sotto una valanga di frangiflutti in cemento armato. Ed è
sua la
regia, il titolo - "La gloria di Alessandria: da Alessandro
a
Cleopatra" - e gran parte degli onori di questa esposizione
che fa
da clou all' Anno franco-egiziano nel bicentenario della
spedizione d' oltremare di quel Napoleone che nessuno, però,
si è
azzardato a celebrare o nominare dopo che - ex cathedra, dall'
università coranica Al Azhar - è stato bollato
di colonialismo e
sacrilegio e razzismo (vedi la Repubblica del 13 dicembre 1997).
Visitarla la mostra è come sfogliare uno strano album
di famiglia.
Marmi, corniole, bronzo, argento, monete, terracotta, onici
che
brillano, sigilli.... Scolpiti, incisi, fusi, uno dopo l' altro
li
guardi in faccia: c' è Alessandro il Bello, Tolomeo I,
Berenice I
e II e III, e Tolomeo II Filadelfo, e le Arsinoe, e il
guazzabuglio intricato degli altri Tolomei che arrivano dopo
e che
si sposano tra loro - tra fratelli e sorelle, tra genitori e
figli
- cercando lo stesso sangue in tutto il Mediterraneo pur di
imparentarsi con altri re e creare una ragnatela di potere che,
però poi, al momento buono, non servirà a nulla.
E come con gli
album di famiglie non tue c' è sempre bisogno di qualcuno
che
sappia e ne chiosi le immagini per fornirti il fondale e le
occasioni in cui quei volti si trovavano, qui quel ruolo l'
hanno
affidato a sale allestite apposta. E hanno fatto arrivare tesori
da tutto il mondo: dal British Museum, dai Vaticani, dagli Usa,
da
Napoli.... E li hanno accorpati e ritmati tra loro. E così,
quelle
sale, ti regalano vive, tramite gli oggetti e le loro suggestioni,
spezzoni della vita di allora, laggiù. E' affollato -
e un po'
folle - il loro pantheon, quasi un laboratorio dove i Tolomei
sperimentarono azzardati trapianti che, finirono per affascinare
il mondo di allora. Sulla tradizione egizia, infatti, innestarono
divinità del Mar Nero, tradizioni del deserto, i miti
dell'
Olimpo; con Iside, la maga, che benediceva il tutto e con Venere
che - a giudicare almeno dalla sua statuina esposta non fu mai
così donna - faceva la sua comparsa in Africa. Risultati?
Uno per
tutti: l' onnipotente Serapide (ben presentato in mostra sia
in
marmo che in terracotta), il nuovo Zeus, il dio di tutto il
Mediterraneo, degli immigrati greci, dei marinai romani che
arrivarono fino in Africa per dare grano a Roma. Quel dio
importato ovunque (tanto che Domiziano, a Roma, alla fine del
primo secolo gli consacrò un quartiere importante della
caput
mundi) non convinse mai del tutto gli egiziani più conservatori.
Anche le due culture - quella dei macedoni giramondo e dominatori
e quella dei pescatori sottomessi dalla fatica - non si fusero
mai
del tutto. L' arte, invece sì. Una sala è stata
costruita apposta
per dimostrare quanto grandi fossero, allora, persino le Arti
minori. Non solo le case - fiorite di questi mosaici esposti
che,
anche da vicino, sembrano pitture - ma in ogni gesto, in ogni
momento, l' estetica e la sapienza del vivere bene s' impadroniva
dei signori di Alessandria. Bere? Bevevano in questi calici
leggeri come aria e dipinti con scenette pastello, o con coppe
d'
argento sbalzate e cesellate all' inverosimile. Pagare? Bisogna
guardarle bene le monete che attrassero ad Alessandria gente
come
Euclide, Archimede, Eratostene, Polibio: ognuna è un
ritratto, un
racconto, un piccolo capolavoro. Leggere? Esposto c' è
un
frammento di papiro di Callimaco e dei libri (molto più
recenti,
però) a ricordare che prima che andasse in fumo, era
ad
Alessandria la biblioteca più ricca dell' antichità
con i suoi 700
mila testi e che solo seconda veniva l' altra capitale dell'
Ellenismo Pergamo con tutte le sue pergamene; ma anche che fu
fatta lì - per la gioia di tutti gli ebrei che l' abitavano
- la
prima traduzione dall' ebraico della Torah in greco. Divertirsi,
poi? Fanno scena tutti insieme, nella sala dei giochi e del
teatro
gli attori in terracotta: nani, negri e ballerine rubano la
parte
ai tragici che diverte di meno ritrarre in caricatura; a far
da
protagonista è arrivata però dal Metropolitan
la Danzatrice Baker,
un prezioso bronzetto che i veli mossi come sono, fanno sembrare
liberty. Morire? Tutti questi vasi in terracotta dipinta, quei
bronzi sbalzati e istoriati, quell' esercito di statuette dai
mille colori allegri (le Tanagra) accompagnando giù nella
tomba il
caro estinto riuscivano a rendere meno cupa la morte e più
facile
la nuova vita che stava cominciando. Figurarsi cosa potrebbe
saltar fuori dalla tomba di Alessandro che, giù in zona,
da
qualche parte, sotto le costruzioni, dev' essere rimasta
imprigionata e nascosta. Ed eccola, alla fine, la sala della
Fine: c' è Cleopatra, in marmo, finalmente accanto a
Cesare; c' è
Ottaviano, in basalto, conciato alla faraona; e c' è
un Ottaviano
piccolo, piccolo: una testina di vetro nero, alta poco meno
di un
dito per raccontare il 30 prima di Cristo, l' anno dei suicidi,
la
fine di tutti i sogni e l' inizio di quel commovente mito che
ha
reso Cleopatra immortale come una collezione di foto e affiches
peplum - quasi uno scherzo fuori dal percorso archeologico -
a lei
dedicate testimoniano. Rimangono fuori dal Petit Palais gli
orrori. Quelli di allora, con i Tolomei che per quel trono di
Egitto si fecero spessissimo assassini e, talvolta - come nel
caso
di Tolomeo VIII il Pancione - che, dopo aver ucciso il figlio,
lo
fece mangiare alla sua sorella-moglie che ne era la madre -
persino cannibali. E gli orrori di oggi: di come l' Alessandria
degli ultimi cinquant' anni sia riuscita a divorare il suo fascino
e il suo grandioso passato seppellendolo poi sotto una coltre
di
cemento armato e disinteresse. Un raggio di sole e di speranza
lo
fornisce, però, Empereur. Il successo - si vede bene
- gli piace
assai e - dopo i miracolosi ritrovamenti in mare, e dopo la
necropoli di Gabarri saltata fuori per caso l' estate scorsa,
con
le sue mille sorprese, durante i lavori per un nuovo ponte -
non
vede l' ora di sapere quali, di tutte le altre meraviglie che
Strabone descrisse, la città ancora custodisca nel suo
ventre:
"Dieci metri sotto di noi ci sono millenni di storia, millenni
di
antichità! Basta volerle e poterle cercare...".
L' avventura - è
evidente - continua.
DIDASCALIA:
In alto, un particolare del mosaico che raffigura la battaglia
di
Isso in cui compare Alessandro Magno; qui sopra, a sinistra,
Cleopatra, a destra, Serapide; sotto, una ricostruzione del
Faro
di Alessandria
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