Gli Optional
A.A.A.Altri articoli di produzione propria

TESTATA:
REPUBBLICA
DATA:
14/8/1999
PAGINA:
22
SEZIONE:
CRONACA
OCCHIELLO:
ALBUM MEDITERRANEO - INCHIESTA/ 4
Salonicco. L' avventura macedone, l' espansione di Alessandro, i
siti romani poi l' alluvione: un tesoro archeologico
TITOLO:
I segreti della sacra Dion imbalsamata dal cataclisma
SOMMARIO:
Nell' insediamento con l' ara di Zeus e i templi gli scavi sono
cominciati nel '28, ma ogni giorno spunta un nuovo mistero. La
scoperta più originale: un organo in bronzo. E la scorsa settimana
dalla terra sono spuntati 33 anelli taurini
AUTORE:
dal nostro inviato SERGIO FRAU
TESTO:
SALONICCO - Talvolta capita, facendo i cronisti, di arrivare tardi
sulla notizia. Qui a Dion, sotto l' Olimpo, bisogna rassegnarsi e
ammetterlo: il momento giusto per approdare in questa che fu la
città-santuario dei re Macedoni è passato già da qualche secolo.
Bisognava essere qui quando Euripide (figlio) vi allestì la prima
de "Le Baccanti", che Euripide (padre), chiamato dal nonno di
Alessandro, Archelao, aveva scritto poco prima di morire nel 406.
O arrivarci, piuttosto, nella primavera del 334 a.C. quando il
generalissimo Alessandro, ventenne, radunò su questa spianata,
vicino all' altare di Zeus benedicente, i 35 mila dell' invicibile
armata che gli regalerà prima la Persia, poi il mondo. O, almeno,
assistere qui a uno qualsiasi dei riti di quei suoi predecessori
che solo con tutta la spocchia dei Greci, potevano essere definiti
"i Re Barbari". Così, tutte le sorprese che l' archeologia regala
qui nella zona vengono proporzionate a quegli eventi eccezionali,
ignorati al momento giusto. Nello stesso tempo, però, ne assorbono
il fulgore. E' il caso degli anelli trovati nel terreno proprio
qui a Dion, la settimana scorsa... Cosa hanno mai di bello questi
33 grandi anelli di ferro ancorati a grandi pietre ben allineate,
in tre file da 11, rispetto alle statue e ai templi e ai mosaici
che il fango di qui ha già restituito? A Elenì Benaki brillano gli
occhi: "Ci dimostrano, finalmente, che questa è davvero la
spianata dei sacrifici. A ogni anello veniva legato un toro da
abbattere per la gloria di Zeus...". Ci lavora da 20 anni, qui, la
Benaki: ha speso mezza vita ed è innamorata di tutto quel che vi
ha trovato (mosaici, statue di filosofi, oggetti domestici, del
lavoro, teste straordinarie, stele ...) e che ora è esposto nel
piccolo museo non distante dagli scavi. A starla a sentire la
spianata si anima: prima si affolla di fedeli, poi s' insanguina
delle bestie sgozzate, e poi diventa grande area da festa, perché
qui - con Dioniso e Demetra a far da numi tutelari prima ancora
che Giove trionfasse su tutti gli altri - le sapevano fare davvero
le feste. Dion non solo è l' inizio di tutto (preesisteva ai re
macedoni, e ne benedisse l' espansione fin giù nella Grecia che
conta con Filippo, fino all' Egitto e all' Indo con Alessandro) ma
è anche molto bella. Quando Flaubert se ne uscì con "aver scelto
Delfi per metterci la Pizia, fu un colpo di genio", Dion non era
stata ancora scavata (si cominciò nel ' 28), perché sennò avrebbe
scritto anche di Dion, con l' Olimpo dietro e Zeus tra le nuvole
della sua vetta. Nonostante i rifacimenti romani è ancora divisa
in due, come allora: da una parte la città vera e propria (tutta
rovine di antichi alberghetti per i fedeli in pellegrinaggio qui),
e a fianco - fuori dalle mura di cinta - i due teatri, l' ara di
Zeus, e tutti questi templi, tanto che sembra di camminare nella
religione man mano che vai avanti: un tempio per Demetra (che,
scavando scavando nel nome - e restaurandone il senso - si scova
la Gea Meter, la Madre Terra di tutti noi), un altro per Dioniso,
uno per Iside, per finire alle chiesette per Dio Padre e Gesù e la
Madonna, ma giusto nel V, VI secolo d.C., negli ultimissimi anni
di vita della città. E sì, è come se Zeus che dall' Olimpo lì
sopra, per un millennio circa, lì sotto aveva accettato tutti -
persino l' apostolo Paolo che predicava in zona, persino un'
edicola sacra per Vovà, la vecchia che spalancando le gambe a
sorpresa, (e alla sua età, poi...) riuscì a strappare una risata
alla disperata Persefone - si fosse, poi, d' improvviso infuriato.
Così, di fronte alle intransigenze di Teodosio prima (che vietò i
culti pagani, nel 391), di Giustiniano poi (che nel VI secolo d.C.
chiuse l' ultimo tempio dedicato ad Alessandro), e soprattutto,
alla possibilità che la sua Dion gli si trasformasse in una specie
di assurda Lourdes bigotta e paleocristiana, deve aver preferito
finirla in bellezza, con un cataclisma dei suoi. Certo, quel
maledetto giorno che gli archeologi oggi benedicono, è meglio non
esserci stati: successe l' ira di dio quel giorno, terremoto forte
e alluvione insieme, pare. L' ideale, però, per trovarvi la vita
com' era prima della grande morte collettiva nella
città-santuario! "C' è da scavarci per generazioni intere qui"
spiega la Benaki "Tutto quel che si vede rappresenta sì e no il
dieci per cento di quel che è ancora sepolto. Ogni mese Dion ci
regala nuove sorprese". Una è di cinque anni fa ma strepitosa, un'
invenzione alessandrina importata qui chissà quando, prima di
Cristo: è un organo di bronzo con 27 tubi che arrivano
gradualmente a una lunghezza di un metro e venti, e altri 16 un
po' più stretti; sotto un sistema idraulico faceva entrare aria a
comando, sopra una tastiera dava fiato ai suoni di questo che il
padre di tutti gli organi esistenti. Altri trofei al museo, o nel
magazzino che scoppia di meraviglie da esporre. E altre ce ne
saranno, certo: siccome, per essere davvero del tutto greci, i re
macedoni crearono delle Olimpiadi anche qui, c' è da far saltar
fuori, come a Olimpia, stadi, altre statue, ninfei, altri
pavimenti di marmo intarsiato... Un po' ovunque polle d' acqua,
sorgenti, laghetti che, se rendono la vita difficile agli
archeologi, specchiando templi e rovine rendono tutto ancora più
fascinoso. E poi, per fortuna non l' hanno ancora tirata a lucido
come stanno facendo un po' ovunque con le rovine del passato da
rendere "leggibili" o "fruibili", con i soldi dell' Europa. Parte
da Dion l' avventura macedone che cambierà la testa al mondo? O
piuttosto dalla corte di Pella, la nuova città-reggia voluta da
Filippo, poco distante, con i ciotoli e la ghiaia incastrati a
mosaico per disegnare possenti scene di caccia e d' amore? Tutti
dicono di no, Dion e Pella da sole non potevano bastare... Se,
morto Platone, Aristotele non fosse stato fatto fuori nella guida
dell' accademia più famosa della storia, e se non fosse ritornato
deluso da Atene qui dov' era nato, a far da precettore ad
Alessandro il Megalomane, ci sarebbe stato soltanto un ulteriore
potentissimo regno macedone, ma non il miracolo dell' ellenismo
che contagerà d' arte e cultura, per secoli, tutto il
Mediterraneo. Che fior di campus, mise su, qui, Aristotele! Scelse
una valletta isolata per creare il liceo dove Alessandro e
compagni passarono in ritiro tre anni. Si nutrirono della migliore
cultura greca che fece l' effetto di un allucinogeno. Cominciarono
a sognare in grande, ad avere strabilianti visioni, deliri di
onnipotenza che non li abbandonarono più visto che la vita, poi,
si adeguò a quei loro sogni. Il posto scorticato, fossilizzato,
con l' edera che tenta di inghiottirlo, fa capire ancora oggi,
però, che splendore fosse una volta. Gli oggetti che continuano a
trovarvi sono a Veria, il paesotto più vicino. Certo, con tutti
questi ruscelletti, le cicale che mitragliano dall bosco, i
sentieri nel verde, il profumo di muschio, il ninfeo... se mai
scoccò davvero la scintilla tra Alessandro ed Efestione - o tra
discepolo e Maestro, come capitava allora - deve essere successo
qui: posto più romantico non lo avrebbero potuto trovare. E deve
essere stato sempre qui che qualcuno se ne uscì per la prima volta
con quel famoso detto "stessa faccia, stessa razza" che lega
strette Italia e Grecia: i greci maltrattano il paesaggio, con lo
stesso nostro stupefacente entusiasmo, la stessa nostra allegra
incoscienza. Non fai in tempo a vedere il primo cartello che
annuncia vicina Vergina - l' antica città-reggia dei re macedoni
divenuta con il tempo la loro sacra necropoli - che dietro una
curva vedi uno di quegli sbancamenti nella montagna che, se non si
interviene decisamente, almeno per trent' anni saranno orfani di
piante. Correddano l' orrore fabbriche e fabbrichette
international style disseminte su una decina di chilometri. Ma a
Vergina l' orrore non è arrivato. La città nuova ha case piccole,
curate e il recinto sacro delle tombe si vede che è amato,
riverito. Filippo aveva fatto di tutto per non essere trovato: si
era fatto bruciare su una pira (di cui antropologi delle ceneri
stanno studiando tutta la composizione). Le ceneri avvolte in un
lenzuolo bianco ricamato d' oro zecchino erano finite in una cassa
d' oro; la cassa d' oro in una piccola cassa di marmo pesante; la
cassa di marmo in un grande sepolcro pieno di tesori, serrato da
un poderoso portone di pietra istoriata. Il portale squillava di
colori belli, ma solo per lui: sopra ci finì una motagna di terra
che funzionò a perfezione come antifurto persino con i predoni i
quali, pur avendo capito che quelle collinette in zona avevano
sempre dentro piccole miniere d' oro cesellato, di questa di
Filippo non si accorsero mai. La trovò intatta, nel ' 77 da
Manolis Andronikos. Angeliki Kottaridou era con lui. Ora è lei la
responsabile della tomba. E ne ha voluto fare lapiù bella di
Grecia: "Le luci, a fibra ottica, sono tedesche; le vetrine le ho
fatte fare in Italia; i cristalli sono polacchi...". Il risultato
è che entrando nel grande buio vuoto del tumulo, c' è tutta la
suggestione del luogo sacro; più che un' esposizione è una vera
ostensione di quel che resta di Filippo il Grande e dei suoi
tesori. Tolta la terra, tolto l' oro finito a stupire nelle
vetrine-tabernacolo, tolto dalla solitudine nascosta sotto la
montagna quel suo santo sepolcro - e divenute ormai le sue mura da
rovina, reliquie visitabili - di Filippo il Grande rimangono
cinque larghi, piatti vassoi di piccole ossa bruciacchiate,
sottratte alla maestosa vanagloria e chiuse, ora, in ripostigli a
tenuta stagna nel laboratorio del restauro di Vergina. Emoziona
vedere un mito in pezzi, mucchietto d' ossa nei vassoi.
DIDASCALIA:
Due teste marmoree ritrovate nei recenti scavi nella villa di
Dioniso a Dion. Un ritratto di Filippo II il macedone
*La tomba di Filippo/ L' area della necropoli di Filippo a
Vergina, antica capitale dei re macedoni. Filippo fu assassinato
nel 336 a.c. durante la festa per le nozze della figlia, la sua
tomba fu trovata da Manolis Andronikos nel 1977
*La grande esposizione/ La scoperta della tomba, inviolata sotto
un tumulo di 12 metri, ha restituito a Vergina (nella foto) la sua
grandezza. Nella necropoli di Filippo il Grande c' è ora una
esposizione, le sue ossa si trovano però in un laboratorio di
restauro
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