Gli Optional
A.A.A.Altri articoli di produzione propria

TESTATA:
REPUBBLICA
DATA:
06/02/1999
PAGINA:
31
SEZIONE:
CULTURA
OCCHIELLO:
Il più famoso racconto del mondo va retrodatato di almeno cinque
secoli Già nel XVII secolo a.C. Dio punisce l' umanità
affogandola nell' acqua
TITOLO:
Il Diluvio e l' Arca senza Noè. Gli Antenati della Bibbia
SOMMARIO:
Lo rivela nel suo libro un studioso italiano che per la prima
volta ha confrontato antichi testi mesopotamici alle Sacre
Scritture
AUTORE:
di SERGIO FRAU
TESTO:
"Quanto io avevo lo caricai sull' arca:/ quanto io avevo in
argento lo caricai,/ quanto io avevo in oro, lo caricai,/ quanto
io avevo in ogni specie di seme di vita, lo caricai./ Feci entrare
nell' arca tutta la mia famiglia e parentela,/ animali selvatici
dei campi, animali domestici dei campi...". Il Diluvio sta ormai
per abbattersi sulla Terra. Ma chi parla - colpo di scena! -
stavolta non è Noè. è Ut-napistim, l' eroe-protagonista dell'
Epopea di Gilgamesh, la bibbia mesopotamica che man mano, da poco
più di un secolo e mezzo, sta riaffiorando a pezzi, insieme a
templi e palazzi, dalle sabbie di quel triangolo magico
(Iraq-Siria-Palestina) da cui scaturì il monoteismo. A lui, a
Ut-napistim, e agli altri Noè prima di Noè, è dedicato il libro
che la Mondadori manda in libreria il 9 con il titolo Il Diluvio.
Sottotitolo: Mito e realtà del più grande cataclisma di tutti i
tempi. Autore ne è Massimo Baldacci, un quarantacinquenne all'
antica, come fuori dal nostro tempo, con la decina di lingue che
conosce (antico ebraico, ugaritico e fenicio comprese), con gli
studi biblici fatti a lezione dal cardinal Martini, con quelle sue
immersioni totali nelle culture mesopotamiche del 2000 avanti
Cristo da cui riemerge ogni volta con raffronti e incastri e
novità che spesso diventano libri. Tavolette del British Museum,
scritti conservati al Museo di Istanbul, roba del Louvre... è
davvero un colossale puzzle quello che Baldacci compone da anni.
Le tessere, tutte in cuneiforme, se le cerca nei millenni della
storia. A montarle con santa pazienza ci pensa poi, di nuovo lui.
Qualche anno fa ha ricostruito la terribile lotta tra gli dei
cananei che alla fine, a ridosso dell' ebraismo, vide vittorioso
El, marito di Atiratu e padre di quel Yavhè degli ebrei che di lì
a poco divenne il Dio unico. L' anno scorso - con Il Libro dei
morti dell' antica Ugarit, Piemme - ha fatto conoscere le più
antiche testimonianze sull' Aldilà prima della Bibbia. Stavolta
rimane in zona, aggiunge nuovi tasselli e ci presenta in tutta la
sua terribile potenza il Diluvio mesopotamico raffrontato - per la
prima volta - a quello successivo biblico. Fin dall' inizio il
lettore viene sballottato da ondate di documenti d' epoca che
incantano (tipo Up- napistim che, ancora nell' Arca, racconta:
"Aprii allora la finestra e il calore del sole colpì le mie
guance/ Guardai il giorno. Un silenzio di morte regnava,/ l'
intero genere umano era tornato argilla./ La terra si stendeva
uniforme, come un tetto./ Rimasi in ginocchio piangente:/ lungo le
guance colavano le lacrime"), ma anche da riflessioni che
strappano via ogni certezza ("Sono almeno 300 in giro per il mondo
i racconti che hanno il Diluvio come protagonista"). Per
regalargli invece, a chi legge, vecchie sorprese ("Nel ' 28 fu
trovato, sottoterra, uno strato di argilla compatto e omogeneo il
cui spessore superava i tre metri: la prova che in quell' epoca,
dal Tigri e dall' Eufrate, nacque una terribile alluvione...") e
nuove ansie ("Tre sono i Diluvi possibili: quello di vento e
quello di acqua sono già passati; rimane quello di fuoco..."), o
anche spalancargli nuove frontiere indietro nel tempo: "Nell' era
dei racconti, prima ancora della scrittura, carovane, migrazioni,
convivenze, pascoli e fonti in comune dovettero creare un omogeneo
corpus di miti e leggende diffuso da Ur (patria di Abrano, in
Iraq) a Ebla, fino alla Palestina di Canaan. è da lì che tutto
germoglia...". Navigando tra i sacri brani, il lettore s' imbatte
in antiche cifre tradotte all' oggi: 228 mila tonnellate la stazza
dell' Arca secondo i mesopotamici; 43.300 tonnellate per i
rabbini. Si viene così a partecipare all' inizio di tutto, quando
l' acqua non faceva paura ma anzi aveva solo valenze positive. Era
una dea femmina, ovviamente, visto che sgorgava dalle viscere
della terra. Maschio lo diventava solo quando calava dall' alto -
a temporale - improvvisa e gioiosa per fecondare i campi e far
nascere nuovi pascoli. C' era, però, già il ricordo di un primo
diluvio primordiale, quello del Caos che come spettatori aveva
avuto solo un arruffato Pantheon in cui gli dei maggiori
convivevano con molte divinità più giovani e così poco importanti
da essere obbligate ai lavori forzati per costruire il mondo:
tiravano su montagne, scavavano i letti ai fiumi, sempre un gran
da fare come servi degli dei maggiori. Eppure, non fosse stato
per le loro proteste, l' uomo non sarebbe neppure nato: venne
fabbricato apposta per sostituirli nei lavori più pesanti. Da quel
momento in poi - fino al Diluvio vero e proprio che scandirà le
ere dell' uomo mesopotamico e che loro collocavano più o meno
intorno al XVII secolo avanti Cristo - si è pressocché circondati
da versioni varie che coesistono, convivono, sfociano una nell'
altra. Come con la Creazione e tutti i suoi portenti. C' è chi -
come i Sumeri - ci va giù all' antica, sacralizzando uno dei più
poderosi amplessi della storia dell' umanità (" ...Enki il
valente, davanti a Nintu, la madre della terra/ con il suo pene un
fossato scava per l' acqua/ con il suo sperma inonda i
canneti...") e chi, invece - come altri mesopotamici - la fa un
po' più romantica: "... la vasta Terra si ornò di metalli preziosi
e lapislazzuli:/ per il Cielo si era fatta bella la pura Terra".
Era forse un mondo troppo ben fatto, però, quello appena
fabbricato: gli uomini vi lavorano sì al posto degli dei ma
trovano anche il tempo per figliare forse troppo, ma anche per
avere due mogli una per la discendenza e una per il piacere, e
pure per vociare talmente forte da infastidire proprio gli dei che
li avevano appena inventati impastando, al solito, argilla e
sputo. Se fanno paura ancora oggi le ire del Dio della Bibbia
sempre pronto a colpire ogni volta che la sua parola non viene
rispettata, figurarsi che terrore potevano fare allora queste
altre divinità che a un certo punto, infastidite dall' assordante
mormorio delle genti, decidono a cuor leggero di sbarazzarsene con
un arma possente mai usata prima: il Diluvio. Per fortuna, o per
scrupolo, o per dare un senso narrativo al plot e non far finire
lì l' umanità, uno degli dei più grandi - Enki - tradisce e
avverte l' Eroe di turno - Zi-u-sud-rà per i sumeri; Atra-hasis
nella versione assira; Ut-napistim in quella babilonese; Noè in
Israele - che, sempre puro e casto e timoroso di Dio com' è, si
precipita a costruire l' arca e a far tutto quello che deve e si
sa. Dopo "essersi contorte come una partoriente le acque
divennero pacifiche e silenziose". Con l' ecatombe dei corrotti,
purificato, il mondo non è più lo stesso. E non lo sarà mai più:
ormai l' uomo ha imparato. Sa di essere lui stesso un Noè, e che
un Diluvio prima o poi gli arriverà addosso, e che solo un
rapporto privilegiato con Dio potrà salvarlo. Spiega Baldacci: "è
una storia nella Storia, questa del Diluvio. Ed è comunque una
storia che riguarda ciascuno di noi; da sempre; qualsiasi
religione si scelga; comunque si entri in contatto con il senso di
sacro che accompagna la vita dell' uomo: è un viaggio iniziatico,
sapienziale, quasi il primo pellegrinaggio dell' umanità".
Baldacci è credente: cattolico di rito russo, una fede che gli
arriva dalla madre e che lui, poi, ha scelto di nuovo man mano che
i suoi studi andavano avanti. Eppure paura di smontare l' impianto
delle grandi religioni (svelandone dna, meccanismi e copyright con
questi suoi incastri e raffronti) non ne ha proprio. Anzi: "è
affascinante scoprire che oggi, quattromila anni dopo i Sumeri o
Gilgamesh, l' uomo è identico ad allora. Identiche le sue domande,
il suo bisogno di non essere mai del tutto solo...". Tutt' altre
sono invece le paure di Baldacci: il mercato clandestino che
ringalluzzito dalla guerra in Iraq vende in giro per il mondo
tavolette rubate un po' ovunque e ancora mai studiate; ma anche l'
enorme ritardo con cui persino i più importanti musei analizzano i
tesori cuneiformi che hanno in magazzino; o, pure, tutte quelle
bombe - nuovo terribile Diluvio di fuoco, su quella zona - che non
solo straziano la gente, ma rischiano di cancellare per sempre le
prime pagine della nostra civiltà.
DIDASCALIA:
Gilgamesh in un rilievo di Khorsabad e sullo sfondo una scena di
Diluvio eseguita da Doré
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