Gli Optional
A.A.A.Altri articoli di produzione propria

TESTATA:
REPUBBLICA
DATA:
06/03/1999
PAGINA:
40
SEZIONE:
CULTURA
OCCHIELLO:
Direttamente dal Cairo sessanta capolavori egizi a Palazzo Strozzi

TITOLO:
Bella e perfetta è arrivata Nefertiti. Duemilacinquecento anni di
storia artistica: un percorso maestoso che permette colpi d'
occhio su antichi splendori senza spiegarli davvero
AUTORE:
di SERGIO FRAU
TESTO:
Firenze C' è roba di Gioser, quello della piramide a gradoni. C' è
Chefren senza testa, tanto la Sfinge fa vedere a tutti com' era il
suo volto. C' è Micerino con la dea Hator che lo protegge lì a
fianco. Ci sono Sesostris III e Thutmosis III. Maestosi, i busti
di Akenhaton l' eretico e di Ramses II il grande raccontano storie
tutte diverse tra loro. E Shashanq con la sua maschera d' oro, i
monili, i sandali... E c' è lei. Bella, bellissima con quegli
occhi appena allungati sotto sopracciglia come cicatrici. Le
labbra sode sistemate a sorriso calmo, un collo nervoso che si
allunga per fondersi in una mascella che è un portento. La pelle,
perfetta, tirata, scura, da nubiana. La pietra, con lei,
Nefertiti, si fa carne. Per sempre. Per garantirle di essere così
anche nell' aldilà. Sacra ancora oggi. Se si considerano i tempi
che questa mostra vuol far rivivere - tempi mastodonticamente
lunghi, dal 2.700 di Zhoser al 330 avanti Cristo - c' è veramente
da stupire: attraverso 59 capolavori arrivati apposta dal Museo
del Cairo, le 13 sale di Palazzo Strozzi mostrano quanto l' arte
egiziana rimase sempre fedele a se stessa, a quei suoi canoni di
perfezione e armonia e suggestione religiosa fino alla fine. Come
se per magia, da Alessandro Magno a oggi, ovvero dal quel 332
prima di Cristo a questo Duemila che arriva, l' arte nostra - o
almeno i canoni fondamentali dell' arte nostra - non fosse
pressoché mai cambiata dall' ellenismo in qua: niente romanico,
dunque, niente gotico, niente barocco... E niente, poi, di tutti
quegli ismi che hanno scombussolato gli ultimi due secoli:
impressionismo, cubismo, surrealismi vari, e astrattismo, e
spazialismo... E' un po' come se, una volta raggiunta la
perfezione della Gioconda nel 1503, tutti i pittori che a Leonardo
seguirono e seguiranno - per 2500 anni, fino all' anno 4000 quindi
- fossero rimasti, e rimanessero poi, ghiacciati in quella
perfezione ormai conquistata. In Egitto, più o meno, è andata
così: solo guardando meglio, e sapendone molto, ci si accorge da
sfuggenti particolari dei salti millenari di questi capolavori.
Spiega Pier Roberto Del Francia che dirige la sezione di
egittologia del Museo archeologico di Firenze e che, per l'
appunto, ne sa molto: "Bisogna fare attenzione ai dettagli, alle
vesti, alle acconciature, alle posizioni del corpo... E,
soprattutto, al realismo che, secondo i periodi storici, si ritma
con l' ascesi di certe figure deificate. Solo così, guardando e
studiando, si scoprono le prospettive che cambiano, l'
espressionismo che talvolta trionfa, le innovazioni, i ritorni
all' ordine...". Certo, di variazioni sul tema - in tutte queste
spettacolari sculture di basalto grigio o rosa, di calcare,
quarzite, diorite assicurate per 300 miliardi - se ne avverte più
d' una; ma c' è sempre però un canone dominante, una formula
magica di proporzioni e attenzioni che nessuno scultore osa
abbandonare mai del tutto. Persino il colossale busto di Akhenaton
- quasi disneyano nel suo realismo caricaturale - grazie però al
rispetto di antiche armonie dello scultore che lo realizzò, appare
d' improvviso enorme e maestoso. Perderà, Akhenaton: la sua fede
monoteista morirà con lui, ma a vederlo oggi rimane comunque un
dio, un dio che ha sbagliato. Una mostra così, che dichiaratamente
punta solo e soprattutto al Bello, al Meraviglioso (Arte sublime
nell' antico Egitto difatti si chiama) decontestualizzandolo dai
luoghi, dalle persone e dalle storie per cui è stato creato, è
certo un azzardo grande che ha fatto storcere il naso a più di un
egittologo. E' una raffica di colpi d' occhio sullo splendore,
senza però che al visitatore venga fornito alcun apparato per
capirne di più. Così, paradossalmente, è un' esposizione che può
piacere molto sia a chi dell' Egitto sa già tutto (che ritrova uno
dopo l' altro vecchi affetti, come sfogliando un album di
famiglia) ma anche a chi non vuol saperne nulla, ma proprio nulla
di più. Azzardo per azzardo avrebbero allora potuto inseguire
meglio i rapporti tra quest' arte e i moderni: con Gauguin e
Cezanne che ne rimangono folgorati; con Picasso che per un periodo
si firma con la testina di falco del Dio Horus; o Paul Klee che
ritraendo la grande Piramide di Cheope ne fa un simbolo
enigmatico; o Marino Marini contagiato dalla compattezza leggera
di certi gruppi egizi visti proprio all' archeologico di
Firenze... E sì che nel catalogone realizzato da Artificio-Skira
(che ha anche ideato la mostra, aperta dalle 15 di oggi fino al 4
luglio), ne accennano con suggestione Giovanni Carandente e Maria
Grazia Messina, ma poi di questo intrigante e poco raccontato
gioco di rimandi tra antico e moderno nelle sale di Palazzo
Strozzi, purtroppo, non v' è traccia.
DIDASCALIA:
Dalla mostra di Palazzo Strozzi a Firenze, Nefertiti
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