Gli Optional
A.A.A.Altri articoli di produzione propria

TESTATA:
REPUBBLICA
DATA:
10/10/2000
PAGINA:
51
SEZIONE:
CULTURA
OCCHIELLO:
Una merce preziosissima che serviva anche al papa
TITOLO:
GLI SCHIAVI
SOMMARIO:
Una pagina di storia trascurata. Fatti, cifre, testimonianze
disegnano una mappa fin qui inedita. A Palermo un seminario sul
mercato di uomini nell'area del Mediterraneo Il re d' Egitto
regalò due pigmei a Vittorio Emanuele. A Lepanto furono catturate
migliaia di persone
AUTORE:
di SERGIO FRAU
TESTO:
A un certo punto, Aurelia Martin Casares dell' Università di
Granada chiama Cervantes a testimone del XVI secolo in Spagna:
"Danno la libertà ai loro neri ma solo quando sono vecchi e non
possono più servirgli. Cacciandoli di casa con il titolo di
liberi, li fanno schiavi della fame di cui non si libereranno se
non con la morte". E il Cardinale d' Este, anche lui a fine
Cinquecento, come teneva in ordine quella sua villa di Tivoli
tutta giochi d' acqua che, oggi, fa disperare le soprintendenze?
Schiavi, ovviamente! Decine e decine di schiavi "turchi" che
mandavano avanti tutto. "E quando in 50 ne fuggirono", racconta
Salvatore Bono che agli Schiavi musulmani nell' Italia moderna ha
da poco dedicato un librone per le Edizioni Scientifiche Italiane,
"il cardinale ne fece venire altri 50 dal Friuli, catturati nei
Balcani, che però non diedero buona prova. Così il porporato con
rammarico li rivendette alla corte di Napoli". E il re d' Italia,
allora? Nel 1872 Vittorio Emanuele di Savoia ricevette in dono dal
re d' Egitto due schiavetti pigmei. Girarono un po' per la reggia
a dare un tocco d' esotismo prima di essere donati, come oggetti,
dal sovrano alla Società Geografica Italiana. Che schifo di mare,
che siamo! Ad ascoltarli uno via l' altro, i trenta storici
arrivati a Palermo per il convegno La Schiavitù nel Mediterraneo
in età moderna, vengono i brividi. Per la prima volta, infatti,
sono stati forniti così tanti dati, fatti, cifre e testimonianze
dall' orrore che il Dio dei cristiani e quello dei musulmani
promossero, benedissero o finsero di non vedere. Dove sbarchi
sbarchi: per mille anni dall'800 al 1800 non c' è porto, non c'
è merce che in qualche modo non abbia a che fare con lo
schiavismo. E non perché prima o dopo le razzie corsare non
abbiano fatto prede, ma solo perché il periodo analizzato taglia
fuori fenici, greci, etruschi, traci e cilici che sul mare, ai
tempi loro, ne hanno fatte assai. Oro, zucchero, schiavi, muschio,
spezie... E sì, nelle partite doppie degli armatori e dei corsari,
gli schiavi finivano sempre nell' elenco delle merci. Proprio là
dentro negli archivi delle città di mare, in quelli della chiesa,
tra le scartoffie dei notai gli storici sono andati a frugare per
estrarne notizie e microstorie che solo il tempo trascorso rende
di primo acchito più fascinose che tristi. Tutte insieme disegnano
una mappa ancora inedita del Mediterraneo. Malta? Per tre secoli
dal 1530 quando i Cavalieri di San Giovanni, quelli con la croce,
vi si istallano fu il mercato di schiavi più importante. Era lì
che le marine europee andavano a comprare ciurme a prezzi
stracciati: nord africani, turchi, romeni, persino sfigatissimi
veneziani. I Cavalieri partecipavano agli utili con un 10 per
cento su ogni guadagno. Granada? Il "parco schiavi" in città era
costituito in maggioranza da donne, ma solo perché gli uomini
catturati vivi, dopo le stragi della guerra, erano pochi e quelli
validi finivano sempre ai remi o a far da bestie in campagna. L'
Internazionale dei prelati cattolici? Compravano, vendevano,
usavano schiavi musulmani senza problemi. E senza che mai, dalla
Cattedra di Pietro, venisse una parola di vera condanna,
nonostante che già nel 1547 voci isolate, persino al Concilio di
Trento, avessero denunciato gli orrori della tratta. Lepanto? Il
bottino di quella poderosa battaglia navale del 7 ottobre 1571
furono 7.200 schiavi. La Lega santa se li spartì così: 3.600 ai
cattolici di Spagna, 2.400 ai cattolici di Venezia, 1.200 agli
Stati Pontifici. Tunisi? Catturare schiavi nelle terre degli
infedeli fu sempre per i tunisini un gran business. Ovvio che,
stavolta, gli "infedeli" fossero siciliani, sardi, campani,
calabresi. Orano? Dal fortino spagnolo i raid nelle campagne
algerine tutt' intorno rendevano sempre bene: la caccia all' uomo
durava un giorno ma bastava a catturare un bel po' di gente
"nuova" da mettere sul mercato. Tripoli? La schiavitù familiare
termina nel 1911. Tutto solo ieri, insomma. Avrà pure ragione
Einstein, con quel suo scintillante aforisma, che siamo una sola
razza, "la razza umana"... Ma che razza di gente siamo qui, su
questo mare chiuso da Gibilterra? Sballano tutti i colori della
storia: neri che vendono neri loro confinanti; arabi che glieli
ricomprano giù in Mali o in Ghana per poi trascinarli attraverso
il Sahara e rivenderli qui a bianchi che ne fanno tratta; più giù,
altri arabi che catturano altri neri e li fanno castrare ad
Assyuth (dove, per queste cose, avevano mani d' oro) prima di
portarli a Cairo o Istanbul, mercati per le corti di Russia o
Polonia. E bianchi che rivendono bianchi; e cristiani di Spagna
che fanno schiavi i "moriscos", cristiani come loro, ma di
colore... Poco può tranquillizzare il fatto che la tratta
mediterranea fosse meno mostruosa di quella che, attraverso l'
Atlantico, dissanguò l' Africa succhiandole via sangue buono e
milioni di schiavi da soma. Spiega JeanMichel Devau, professore a
Nizza: "Nel mare nostro lo schiavo rimaneva, comunque, una
persona, con la sua identità, la sua religione, la possibilità di
riscatto. Sulle navi negriere per le Americhe, invece, i neri
erano solo "pezzi" da trasportare e rivendere. Se parte del carico
si rovinava o "andava a male" lungo la traversata non c' erano
problemi: il guadagno avrebbe fatto felici ugualmente gli armatori
e i ricchi europei che su di loro investivano". Meritava la
zoomata che gli è sta dedicata Sidi Muhammad Ben Abd Allah. Gran
personaggio! Ne ha parlato il professor Ben Driss: a fine
Settecento mentre i lumi di Francia giustificavano schiavismi
salvifici ai danni dei "selvaggi", questo sultano marocchino si
diede un gran da fare con i sovrani europei per stabilire regole e
accordi per limitare e abolire la schiavitù. Italiani brava
gente? Il professor Bono in quel suo bel libro dimostra che no,
che ci siamo stati dentro fino al collo anche noi. Anche lo Stato
papalino. E siccome il professore scrive anche per l' Osservatore
Romano la sua testimonianza scomoda vale doppio: "Il Pontefice era
a capo di uno Stato con il suo esercito, la sua flotta, le sue
galere e gli schiavi "infedeli" sono sempre stati "il motore" di
quelle sue galere. Del resto, da Civitavecchia, le navi corsare
del papa hanno fatto più di un colpo ai danni delle navi o delle
coste "turche"...". Tutto solo ieri. Così ascoltare queste
relazioni di odio mediterraneo con negli occhi e nelle orecchie
le sparate dei Ratzinger e dei Biffi, fiammeggianti contro l'
Islam fa davvero accapponare la pelle. Incoscienza? O che cosa?
Religioni usate, ancor oggi, come armi? E con quale diritto sull'
Italia? Di Palermo racconta Fabrizio D' Avenia: " Raìs maghrebini
e corsari siciliani, bey e pascià, mercanti europei e notabili
turchi, cristiani rinnegati e diplomatici internazionali: dagli
archivi vien fuori che il conflitto tra Francia napoleonica
(alleata dell' Impero turco) e potenze europee prolungò le guerre
corsare ai danni dei siciliani fino agli anni Venti dell'
Ottocento. Almeno un migliaio vennero catturati in quel periodo.
Le scorrerie finirono davvero solo con l' invasione francese dell'
Algeria, roccaforte dei pirati barbareschi". Ma anche vera "par
condicio" c' erano schiavi musulmani nell' isola a fare quei
lavori che facevano rischiare la vita con gli esplosivi o
lavorando lì dove la terra smotta e può ammazzare. Pisa? Michele
Luzzati, analizzando le liste battesimali della seconda metà del
Quattrocento, ha trovato schiavi anche lì. Gli sono venute fuori:
17 Lucie, 16 Caterine, 8 Margherite... decine e decine di
schiavette nere che il battesimo, però, non liberava. Napoli? Una
vera e propria capitale dello schiavismo con i suoi ventimila
schiavi all' inizio del Seicento. E Livorno, e Genova, e
Venezia... E chi se lo sarebbe immaginato che persino Bologna ha
le mani sporche? Raffaella Sarti: "I documenti dimostrano bene
che, nel Settecento, gli schiavi c' erano, eccome: si sfata così
l' idea che il fenomeno riguardasse solo le città di mare".
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