TESTATA:
REPUBBLICA
DATA:
18/12/2000
PAGINA:
35
SEZIONE:
CULTURA
OCCHIELLO:
sorprendente analisi di uno studioso
TITOLO:
I segreti della bibbia
AUTORE:
di SERGIO FRAU
TESTO:
Mica solo dalla terra, quando si scava, vengono fuori sorprese
archeologiche imbarazzanti... Come accadde, nel 1975, con quel
Dio
inciso sui cocci, ancora con tanto di moglie, riapparso ai confini
del Regno di Giuda: " Ti benedico tramite Jhwh di Teman
e tramite
la sua Aserah...". E sì, grattando grattando, anche
dalla Bibbia
ricompaiono reperti stupefacenti. Il Salmo 19? "E' il probabile
calco dell' Inno ad Aton in cui il Sole ha perso ormai il suo
ruolo divino di Re dei Cieli ". E il passo 9, 12-13 della
Genesi,
allora? Quando Dio dice: " Questo è il segno dell'
alleanza che
pongo tra me e voi e tra ogni essere vivente che è con
voi per le
generazioni eterne. Il mio arco posto sulle nubi". Dio
sta
parlando dell' arcobaleno, ma ormai lo si decodifica così:"
C' è
qui, evidente, l' eredità di Canaan: questo Dio atmosferico
è
frutto di lunghi sincretismi con Ba' al, Hadad, dio della costa
siriana...".
E pensare che ci si erano messi in 72... Settantadue
rabbini, per riuscire a compiere un lavoro ben fatto. Sei rabbi
per ciascuna delle 12 tribù di Israele: 72 sapienti ortodossi,
arrivati apposta da Gerusalemme ad Alessandria d' Egitto, per
comporre, in una sola grande opera, tutti quei libri che-sparsi,
talvolta disomogenei, in alcuni punti contraddittori, o
addirittura sacrileghi-racchiudevano le storie più antiche
del
Popolo di Jhwh.
Ad Alessandria-da Tolomeo II in poi, dalla
Biblioteca in poi-trascrivere, tradurre, fare ordine era diventata
una vera mania.
Avevano già diviso per libri Le Storie di
Erodoto; avevano scelto le edizioni migliori di Omero per farne
Iliade e Odissea; davano la caccia agli Aristotele per metterli
in
bella copia; dateranno-precisi, precisi-persino la guerra di
Troia...
Era il III secolo a.C.. Il lavoro di quei rabbi per
ricomporre e tradurre in greco corrente i loro libri già
sacri
(biblia) fu ciclopico ma proficuo: "Senza quella traduzione
la
Bibbia, oggi, sarebbe nota quanto il Libro dei Morti degli antichi
Egizi" scrisse, tempo fa, Luciano Canfora. E, siccome ad
Alessandria sia con la scrittura che con la filologia se la
cavavano assai bene, da quei rabbi uscì un lavoro davvero
ben
fatto: una grande opera ellenistica levigata, possente, ben
scritta, religiosamente corretta e, per di più, blindata.
Essendo
quella, ormai, Parola di Dio, nessuno, da allora, osò
per più di
due millenni almeno, metterci mano, affondarci il bisturi per
sezionarne le parti, comprenderne le fonti, isolarne gli spunti.
Interpretabile, ma indiscutibile!
Da almeno 20 anni Massimo
Baldacci, invece, non fa altro: uomo di fede e di studi, da
tempo
sta scassinando quell' arca di antica sapienza, cassaforte di
parole sacre, che costituisce uno dei reperti più interessanti
e
variegati arrivatoci dal Passato.
Di solito-da sempre, per
millenni-la Bibbia si è letta per cercarvi Dio. Baldacci-che
a Dio
crede, e molto-vi cerca, invece, gli altri dèi e, con
loro, Dio da
giovane, quando ancora aveva moglie e non si era sbarazzato
delle
concorrenze e delle convivenze imbarazzanti da lui vissute nel
Pantheon di Canaan.
Tutta roba che quei Settanta avevano tentato
di cancellare per sempre con frasi sapienti, cambi di senso
e
mille parole velenose verso le divinità altrui che, però,
con lui
coabitavano. E li trova, lì, tutt' insieme quegli dèi-nelle
frasi,
ma anche nei templi che man mano l' archeologia sta restituendo-a
far fascinoso il politeismo che aiutava a vivere le genti di
Canaan e della Mesopotamia.
Si vede-leggendo ora questo suo
ultimo libro che la Mondadori manda fuori per santificare il
Natale editoriale (Prima della Bibbia, il titolo; pagg. 303,
lire
32.000)-che lui lo fa con amore, fede, passione. L' effetto
però,
è comunque dirompente, scandaloso, quasi sacrilego: stavolta
restituisce in pezzi tutto ciò che quei Settanta avevano
a fatica
montato insieme. Baldacci: "Non fu quello loro, il primo
montaggio: già i sacerdoti del VI secolo a.C. di ritorno
dall'
Esilio avevano rielaborato memorie di nomadi, vecchie cinque,
sei
secoli, per affidarle alla scrittura... Così, il mio,
è stato
davvero uno scavo archeologico. Solo che l' ho fatto spolverando
via, dalle parole, la crosta alessandrina per rintracciarvi
lo
strato ebraico prima, cananeo e mesopotamico poi, più
sotto
ancora. E tutto per arrivare a quel che gli episodi, le
parole-prima dei rimaneggiamenti-volevano dire all' inizio".
Persino il sottotitolo del lirbo di Baldacci sembra rubato
all'
archeologia: "Sulle tracce della religione arcaica del
proto-Israele". Per non parlare del metodo: carotaggi,
confronti,
contestualizzazioni, a caccia di quelle prime trame mesopotamiche
o cananee, che fecero da plot ai tre monoteismi più
recenti. E
infatti scrive: "Ormai sono quasi tutti d' accordo: anche
per le
genti di Israele il monoteismo arriva tardi, nel VI secolo
avanti
Cristo, quando ormai il Dio Unico si sta affacciando con forza
in
Persia, in Mesopotamia, persino in Grecia. Prima c' era El,
e c'
era Ba' al, e Sama, e Resep, e Molok e Aserah e certo, con
loro,
anche Jhwh. Ed è solo nell' VIII secolo che si cominciano
a
trovare i primi rudimentali concetti di unicità del
Dio nazionale
di Israele e insieme l' inizio dell' esproprio che quel Dio
compirà tutt' intorno a sé, cristallizzando
sulla sua figura molti
dei caratteri e delle tradizioni fino ad allora associati
ad altri
dèi".
E porta cento prove a quel che dice. Tipo tutti quegli
"Ascolta Israele", inseriti tardi, ( in gran parte
ad
Alessandria), apposta per differenziare il Dio degli Ebrei
da
tutti altri; o anche le sfuriate di Amos, Isaia e Michea tese
ad
eliminare i vari Jhwh sparsi in Medio Oriente non riconducibili
a
quello di Gerusalemme che, alla fine, aveva trionfato. E l'
etimo
di Abramo, allora? "...' abram e non ' abraham come verrà
scritto
in seguito: il che svela per i Patriarchi origini amorree
lontane
nel tempo. Ecco che il titolo Abramo, ibri, riporta non più
al
significato di ebreo- come sarebbe più facile pensare
e come
infatti di solito è tradotto- bensì a quello
di una ben definita
classe cananea del XIV secolo a.C.". E va avanti ad analizzare
tutti i lavori redazionali di alta sartoria. Uno per tutti,
l'
Esodo, 3,15: "E disse ancora Dio a Mosè: "Questo
dirai ai figli di
Israele: ' jhwh, il Dio dei vostri padri, il Dio (el) di Abramo,
il Dio (el) di Isacco, il Dio (el) di Giacobbe mi ha mandato
a
voi. Questo è il mio nome in eterno"". Ebbene,
per Baldacci, si
tratta di un vero e proprio cesello teologico. Alta sartoria,
appunto, che ha cercato di cucire insieme le due tradizioni
religiose: lo Jhwh del roveto ardente ed El dei Patriarchi.
E ci è
riuscita: ché così, alla fine dell' intervento,
le due divinità
sono interscambiabili e sovrapponibili.
Loro, i rabbi di 2200
anni fa, erano chiusi nell' isoletta di Faro, a un passo dalla
Biblioteca, a lavorare tutt' insieme nove ore al giorno, a
far
bene il Pentateuco. Lui, Baldacci, invece è un solitario.
Scassinata quella blindatura della Bibbia, una volta dentro
il
libro dei suoi sogni, si lascia catturare dall' ingordigia:
da
pagina 80 in poi-dopo una bella contestualizzazione del suo
scavo-inizia a estrarre con tigna e santa pazienza, uno per
uno,
decine e decine di "versetti divini".
E ne conta le parole. E
nota come si accoppiano, ché ormai con Internet basta
un clic. E
li analizza. E li smonta. E se ne frega se lo stile, e l'
approccio, e il racconto-da un certo punto in poi-si fanno
ripetitivi, quasi automatici. Lui, ormai, è dentro,
nel suo Libro
dei Libri: e frantuma le parole; e ne estrae tesori; e le
guarda
in filigrane; e vi rintraccia le ascendenze pagane che fioccano
ovunque, simili. E ne cataloga i brani forti; e segnala gli
apax (
le parole più strane, usate una sola volta): ed enuclea
i reperti.
E ci si appassiona, e non smetterebbe più, neanche
a pagina 303,
quando poi, alla fine, compare la parola "Fine".
Sotto la sua
lente svelano il doppiofondo segreto frasi ascoltate mille
volte
da mille e mille anni, da milioni di fedeli. Come con il
fiammeggiante Geremia 9,20 ("Ecco, la Morte si è
arrampicata
attraverso le nostre finestre, è penetrata nei nostri
villaggi,
falciando i fanciulli dalle strade e i giovani dalle piazze")
che
riporta non solo a un testo ugaritico del XIV secolo a.C.
("Se la
città e assediata/ e se la Morte assale i cittadini/
e nelle case
i figli degli abitanti ghermisce il Forte/ si scrutino i
presagi"), ma anche le indicazioni di Baal per evitare
le
incursioni del dio della Morte: "Non mettere finestre
nella casa,
aperture al centro del Palazzo...". O come in quel Gioele
2,13
dove Dio, finalmente, si fa dolce: "Laceratevi il cuore
e non le
vesti;/ ritornate a El- Jhwh vostro Dio,/ perché egli
è
misericordioso e benigno (rahum weannun),/ lento all' ira
e ricco
di benevolenza". Ecco, qui dentro, Baldacci, si appassiona
a un
termine preciso: "rhm" ovvero "tenerezza, benevolenza,
misericordia" e racconta:"In ebraico, nella radice
verbale rhm, è
racchiusa una serie di significati la cui storia ripercorre
i
secoli a ritroso: essere amichevole, affettuoso, amorevole.
Era
questa l' idea insita nel verbo rhm presso le tribù
amorree della
Siria del XVIII secolo a.C.; e lo stesso concetto lo si ritrova
nel cananeo accadicizzante delle lettere di El Amarna ( XV
secolo)
o nei testi di Ugarit del XIV. Dio, dunque è rahum,
è
compassionevole proprio come dice anche il Corano che-all'
inizio
di ogni sua Sura, eccetto la nona-attribuisce l' epiteto ar-rahim
ad Allah.
Sono decine, e decine, e decine le autopsie delle
parole come queste. Materia forte, ancora viva: da non sapere
più
nemmeno dove piazzare, con certezza, il Big Bang di Dio. Dove
cercarlo? E, cercandolo davvero, con tigna, poi dove si va
a
finire?
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