Gli Optional
A.A.A.Altri articoli di produzione propria
TESTATA:
REPUBBLICA
DATA:
31/07/2000
PAGINA:
24
SEZIONE:
CRONACA
TITOLO:
Il labirinto della dea Fertilità sotto il grande ventre
di Malta
SOMMARIO:
Domani riapre l' Ipogeo, dopo sedici anni di lavori. E' la più
grande chiesa sotterranea del mondo Nel museo della Valletta
c' è
la più straordinaria parata di dee madri, di tutte le
forme,
epoche e dimensioni La statua della Grande Dormiente, che oggi
è
un simbolo, alludeva ai sogni che i parenti facevano vicino
ai
loro cari estinti Di megaliti, con molte variazioni sul tema,
sono
ricche la Sardegna, la Spagna e le Baleari E poi ancora la
Bretagna e Stonehenge Gli "ufaroli" straparlano di
extraterrestri
muratori. Approfittando del mistero su chi abbia costruito tali
monumenti senza metalli o laser
AUTORE:
dal nostro inviato SERGIO FRAU
TESTO:
LA VALLETTA (Malta) - Strani incantesimi, davvero... C' è
stato un
tempo, molti molti anni fa, che a Malta i cigni erano grandi
come
cavalli e gli elefanti piccoli piccoli, come cani grandi...
Qualche loro osso è, ora, al museo. E ci fu poi - giura
una
leggenda di qui - una gigantessa che andava in giro nell'
arcipelago per raccogliere le pietre più grandi per farne
templi
colossali, dappertutto... Una trentina di quelli che tirò
su,
possenti, ci sono ancora. E c' è stato poi un tempo -
mica tanti
anni fa - quando la fecondazione artificiale era ancora di là
da
venire, negli anni ' 60 e ' 70 del secolo scorso - che Malta
divenne meta della speranza per molte donne sterili. Arrivavano
qui dalla Francia, dall' Inghilterra, persino dagli Stati Uniti,
e
la loro meta era una sola... Niente Caravaggio che, latitante
qui,
nel 1607, dipinse per la chiesa di San Giovanni una tela grande
come uno schermo con il fermo-immagine della Decapitazione,
come
fosse il sogno del cinema, ma tre secoli prima. E niente megaliti:
neppure un' occhiata alle prime poderose architetture del mondo
sparse nelle due isole. Figurarsi poi il disinteresse per i
Cavalieri, quella loro lunga storia mezza santa e mezza manager,
con tutte le loro rocche belle di tufo color miele che cambia
tono
ogni ora, fino a incendiarsi d' arancio ogni sera, con il
tramonto... No: la meta di quelle donne infelici non era Malta.
Era sotto Malta, il suo ventre, dieci metri sottoterra. Da
visitare con fede, disperazione e speranza di un figlio, era
innanzitutto l' Ipogeo di Hal Saflieni, l' enorme cavità
scolpita
e scavata nel terreno calcareo, 500 metri quadri nascosti fino
a
cent' anni fa sotto al cortile di povera gente. E, dentro l'
Ipogeo, ad attrarre le disgraziate era solo questa sfera di
pietra
che c' è ancora, alta quasi un metro: era proprio questo,
solo
questo, il feticcio che avrebbe fatto il miracolo di farle restare
incinte. Ebbero una gran brutta sorpresa i vallettani che
abitavano qui quando, nel 1902, decisero di scavare il cortile.
Volevano soltanto farsi una cisterna in più per l' acqua
piovana,
nient' altro. Ma la casa gli si aprì sulle viscere di
un
labirinto: sotto il pavimento, per una decina di metri, giù
per
tre livelli, c' era un vero e proprio groviglio di locali. Ci
misero un po' di tempo gli archeologi per capirla ma alla fine
ci
riuscirono: quella strana architettura sotterranea, 33 ambienti
collegati da scalette scolpite, creata tra il 3300 e il 3000
a.C.,
levando calcare e non mettendolo, era la copia sepolta dei templi
megalitici costruiti nella stessa epoca che ancora oggi fanno
di
Malta e dell' isoletta che l' affianca, Gozo, le isole madri
di
quel megalitismo che - con molte variazioni sul tema - si ritrova
poi fin su, in Sardegna, nelle Baleari, in Spagna. E più
su
ancora: fino alla Bretagna e a Stonhenge, ma con roba tutta
costruita almeno un migliaio di anni dopo. Qualche setta
oltranzista di ufaroli irriducibili - sia per quest' Ipogeo
che
per i grandi templi- straparla ancora di extraterrestri
supermuratori. Se ne approfittano ché il mistero di chi
sia stato
a tirar su roba del genere, resta fitto assai. Certo, però,
che se
davvero fossero sbarcati qui dalle stelle, poi devon essersi
rimboccati le loro tute spaziali e fatti un gran mazzo anche
loro,
proprio come fossero terrestri, visto che all' Ipogeo con selce,
corni e cunei hanno lavorato; visto che il metallo allora ancora
nessuno se l' era sognato, e neppure i laser; e soprattutto
visto
che gli scavi nei grandi templi esterni hanno fatto capire bene
le
tecniche di costruzione che venivano usate qui in zona: bicipiti
forti, olio di gomito, l' unione-che-fa-la-forza, e funi, e
leve,
e palle così. Le si può vedere al museo: la loro
dimensione è più
o meno quella di un pallone da calcio, sono in pietra dura,
e -
molto prima che la ruota entrasse a far girare più comoda
la
storia dell' Umanità - qui a Malta venivano inserite
sotto i
mastodontici lastroni da trascinare così, con minor sforzo,
fino
al cantiere. Lì poi, scavando buche nel terreno, inserendo
in
cavità fatte apposta nelle pietre i pali che che le avrebbero
raddrizzate e spinte dentro, venivano finalmente issate in
verticale, aiutandosi proprio con le lunghe pertiche manovrate
da
chissà quanta gente insieme. Il risultato, portentoso,
lo si vede
ancor oggi: reggono bene, quei lastroni uno su l' altro che
il
tempo e il vento hanno saldato insieme, e ne fanno ancor oggi
uno
dei più possenti spettacoli che il Mediterraneo sia in
grado di
esibire. Certo, un po' dappertutto ormai, i tetti non ci sono
più:
ma è solo perché là sopra - con la terra
che aveva seppellito
questi mastodonti quasi del tutto - erano piazzate le pietre
più
facili da portar via e riutilizzare dai contadini per le loro
case. Gli archeologi come Reuben Grima, responsabile dei templi
per il Ministero della Cultura di qui, ce le rimettono con l'
immaginazione e così questi enormi resti cariati di pietra,
d'
improvviso - grazie ai loro studi, ai racconti - tornano com'
erano: colossali edifici all' aperto, ma bui come grotte,
illuminati da torce o, talvolta, dai giochi del sole nelle fessure
in certi giorni magici, come gli equinozi o i solstizi. Vi si
entrava pochi alla volta, per chiedere alla divinità
chissà cosa
in cambio di qualche animale sgozzato di cui sono stati trovati
i
resti con gli scavi. Fuori uno spazio semicircolare doveva
funzionare per i riti di massa. Anche l' Ipogeo è un
tempio, ma al
negativo: ha una struttura - ma anche il tondeggiare delle sue
stanze, decorate con incisioni e ocra rossa - pressocché
identica
a quelli che stanno all' aperto, anche se qui è distribuita
su più
livelli. E' , di fatto, la prima chiesa sotterranea del mondo.
Non
solo: avendoci cavato fuori più di settemila scheletri
che erano
stati sepolti qua dentro, molti ancora dipinti di ocra rossa
come
il sangue, è anche il primo e più grande camposanto
ben fatto
della preistoria. Domani riapre al pubblico, dopo 16 anni di
lavori e restauri. Ma sulla grande sfera di pietra (quattro,
cinque volte più alta delle palle da lavoro), ormai,
non è più
possibile sedersi, e strusciarsi, per sperare e sognare fecondità
e bambini come facevano le donne sarde, e le corse, e le brettoni
con i loro menhir ancora nell' 800: un corrimano di acciaio
-
davvero troppo scintillante, in realtà - fa da barriera
a tutto il
percorso sotterraneo. Non ci si arriva più. La balaustra,
ora,
impedisce persino il giochino che tutti i turisti facevano qui
dentro prima della chiusura: parlare con la faccia nella pietra,
in quella nicchia profonda un palmo e mezzo, grattata via dentro
la parete di roccia, che trasforma qualsiasi parola in voce
di
dio. Vibra la voce nella roccia. E te la rispedisce fuori
roboante, deformata, che rimbomba soprannaturale, autorevole,
divina dappertutto. E rimbalza, con l' eco, in tutto il labirinto.
E fa arrivare i brividi. E siccome 5000 anni fa, questo che
fu il
primo megafono del mondo, presumibilmente poteva essere usato
solo
dallo sciamano che faceva le veci della divinità, ecco
che,
giustamente, qui si gloriano di aver tenuto a battesimo anche
una
delle prime strutture clericali dell' umanità. Un episcopato
che
dovette stabilire riti e liturgie ben precisi visto che ogni
cappella di questo portento ha funzioni ben precise. L' altare,
i
luoghi dei sacrifici, il luogo delle sepolture, quello degli
ex
voto, il sancta sanctorum... E quella vera miniera di morte
che
saltò fuori da qui. Racconta Grima: "Non fosse stato
per i teschi
- che almeno aiutavano a tenere il conto - ci avrebbero messo
secoli a comporre i puzzle di ossa e sapere quanti scheletri
c'
erano davvero sepolti qua dentro". E spiega: "Era
l' Ade, ma prima
dell' Ade. I morti - e la morte - allora, però, mica
facevano
paura come adesso... I fedeli, qua dentro, ci dovevano venire
infatti anche per quello strano rito attestato in molte società
antiche: l' incubazione". Recentemente - ovvero un paio
di
millenni e mezzo dopo la costruzione di questo santuario
sotterraneo - ne ha parlato anche Aristotele: si andava presso
la
tomba dei propri cari, si dormiva lì, e sonni e sogni
- grazie a
loro - scacciavano via gli affanni. Certo, ci voleva il permesso
dei sacerdoti per farlo, magari qualche beverone allucinogeno,
ma
la statuetta della Grande Dormiente che oggi fa un po' da simbolo
a Malta persino sugli strofinacci da cucina per turisti, proprio
da qua dentro vien fuori. Agli archeologi questo bastò
per
ipotizzare che il famoso rituale avvenisse anche qui. Certe
altre
stanzette sospette li hanno invece convinti che vi si svolgesse
pure un' altro rito sacro: la ierogamia, ovvero l' accoppiamento
sacro tra le fedeli e il sacerdote, tutto stabilito a perfezione
per la gloria della divinità. E - siccome anche in Preistoria
a
pensar male non si sbaglia mai - potrebbe esser stata proprio
questa la cura miracolosa degli antichi sciamani contro la
sterilità. Anche ora l' Ipogeo avrà regole ferree,
ma stavolta
sono quelle suggerite dall' Unesco per farlo sopravvivere, le
stesse che impose per salvare, dal fiato e dal sudore acido
dei
turisti, le grotte di Altamura di diecimila anni precedenti:
16
persone per volta, 40 minuti la visita, solo mezza giornata
di
apertura. Il che poi vuol dire che se uno non si prenota per
tempo
(appena arrivato a Malta, andando sul posto) nell' Ipogeo almeno
nei periodi di grande turismo, non ci entrerà mai. Così
adesso, il
vero santuario della Grande Madre di Malta, è diventato
il Museo
de La Valletta. Si va lì per rendere omaggio alla più
strabiliante
parata di Dee madri al mondo. Mica solo la statuetta della donna
che dorme saltò fuori.... Ma anche in giro, con gli scavi
tra i
templi, ne vennero trovate una trentina di tutte le dimensioni.
Di
alcune, all' aperto, sono state piazzate belle copie per far
capire dov' erano, che effetto facevano, ma gli originali -
in
modo che non si sfarinassero con il vento e la pioggia - ormai
sono tutti qui. E' il suo trionfo, qua dentro. Fu lei, per un
millennio e mezzo almeno - tra il 4100 e il 2500, più
o meno - la
Signora di Malta. Donna grande per gente forte e sconosciuta:
la
sua apoteosi coincide, infatti, con la massima frenesia dei
costruttori di templi megalitici che s' interrompe a sorpresa
e
senza spiegazioni, proprio a metà del III millennio.
Epidemie?
Cataclismi? Invasioni? Disastro ecologico? Crollo della sua
religione che aveva convinto i dieci, dodicimila abitanti che
Malta poteva avere a faticare tutti insieme, con le pietre,
per
lei? Un mistero! L' antica civiltà maltese galleggia
ancora nel
mistero, quasi fossero dei Maya, ma nel Mediterraneo. Mica era
la
prima Grande Madre della storia questa loro. Ma qui, in quegli
anni, fu adorata ed effigiata fino al parossismo. E sì,
ci fu un
tempo prima di lei qui a Malta - quando Dio Padre era ancora
di là
da venire - che a essere onnipotente, un po' ovunque, fu la
Dea
Madre. Viaggiò dappertutto quella santa donna, Maria
Gimbutas, nei
suoi libri, l' ha scovata in mezzo mondo: rappresentava la natura,
la fertilità, e riuscì a farsi pregare soprattutto
dai primi
contadini dalla Russia fino in Spagna. E' sempre enorme, grassa,
spaventosa, obesa ma come certi re africani che, ancora il secolo
scorso, con la ciccia dovevano dimostrare quant' erano ricchi
e
ben nutriti. (Soltanto nelle Cicladi da un certo punto in poi,
nel
III millennio, la fanno affilata e geometrica tutta spigoli...)
E' lei che - miracolo! - dà la vita. (Ci sono, sì,
sparsi qua e là
nelle vetrine del museo, dei fallettini di pietra che nella
procreazione potevano pur servire a qualcosa, ma robina mai
più
lunga di dieci centimetri che, nell' insieme del culto, dovevano
avere un ruolo decisamente accessorio. Non a caso anche nei
templi
quei pistolotti in calcare venivano tenuti fuori dai luoghi
più
santi, e sempre però posizionati per rendere omaggio
a qualche
triangolo pubico femminile). Nelle statue che la raffigurano,
però, la Grande Madre non è mai incinta. E' spesso
accovacciata
(come le donnine sagge di Altan), ma tondeggia più che
in Botero.
Le teste quasi sempre mancano: là dove dovrebbe cominciare
il
collo ci sono degli incastri che hanno convinto gli archeologi
a
ipotizzare teste diverse da montarle su, secondo i riti e le
occasioni e la primavera che, insieme a lei, doveva risorgere.
Una
testa, corrosa assai, l' hanno trovata a Ggantija, tra i templi
più grandi; altre nell' Ipogeo; altre ancora negli altri
santuari.
E siccome ci sono strani fori che quadrano con gli incastri
del
collo c' è chi ora pensa che quelle sue teste divine
potessero
dire dei sì o dei no secondo le preghiere che le venivano
fatte.
Supposizioni, però... Così, quelle teste staccate,
rimangono un
vero rompicapo. Come non aver fede, comunque, soprattutto allora,
in una madonna del genere? Certo, cambia sempre un po' , ma
ogni
volta che ci si occupa dei primi uomini finisce per saltar fuori
sempre lei a far la Primadonna. La modellano in terracotta 24
mila
anni prima di Cristo in Boemia. La sbozzano in avorio di mammut
nel 23 mila a.C in Francia. La levigano in pietra con altre
pietre
più taglienti o la fanno in argilla per poi metterla
in trono che
partorisce, a Chatal Hoyuk, in Anatolia, nel 6000 a. C.. O,
persino, androgina, con il corpo a forma di fallo ma tanto di
seni
e il sedere a far la parte dei testicoli, come successe nel
sud-est dell' Ungheria, intorno al 5500 a.C.. Un millennio e
mezzo
dopo, più grassa che mai, gonfia come un gommone, rieccola
che
approda a Malta e ne diventa la Signora per 1500 anni almeno.
Intorno a lei- per lei- vengono costruiti i templi più
antichi del
mondo: Tarxien, Mnaijdra, Hagar, Qim, Ggantjia... una trentina
di
giganti delicati oggi Patrimonio mondiale dell' umanità.
Gizah sta
appena cominciando a tirar su le sue piramidi, l' umanità
si
divide ancora tra capanne caverne. E qui, invece, un po'
dappertutto nelle due isole, già tirano su come forsennati
mastodontiche "cattedrali" di pietra. Lastroni anche
di sei metri
per quattro spessi un metro e più - tonnellate e tonnellate
il
peso - a circondare, probabilmente stuccati e dipinti oltreché
istoriati, i sancta sanctorum che proteggono le sue cosce
smisurate, quelle braccia che fanno impressione, quelle pieghe
sempre tondeggianti sull' addome, e anche più giù,
che fanno
sembrare la pietra con cui è modellata gelatina soldificata,
come
cera sopraffatta per un po' dal caldo ma, poi, raffreddata di
nuovo. E visto che a spostare rocce come montagne ci avevano
ormai
preso la mano realizzano in suo onore anche grandi circoli di
grandi rocce e chissà quant' altra roba andata perduta,
o ancora
sepolta. Il loro santuario ora è il Museo de La Valletta:
le hanno
esposte qui, tutte insieme al piano terra, quelle trovate in
giro.
Tra spirali incise sulla pietra, e 7000 anni di terracotta,
e
decori di animali scolpiti in processione, e mastodontici vasi
di
pietra, si arriva da loro. E' la più strabiliante parata
di dee
madri del mondo: c' è quella gigantesca che sorvegliava
il tempio
bello di Tarxien che - tagliata alla vita, com' è - fa
da totem
alla collezione visto che intera doveva superare i due metri;
e ci
sono quelle minuscole come uscite da un presepe, ma tutto al
femminile; e quelle grandi come bambole ma di un mondo
sconosciuto. Il pellegrinaggio sbuca davanti al tabernacolo
della
Dormiente. Sta lì tutta sola, piccola piccola, calma
e magica. Un
sonno da santa. Sì, una Teresa d' Avila ma senza deliquio,
e senza
Dio da cercare su in cielo. Nella sua vetrina, irradiata da
luci
giuste, continua a sognare da cinquemila anni. Fa lei, ormai,
da
reliquia di una religiosità che, chissà, forse
un giorno - quando
prima o poi la Preistoria diventerà storia - riusciremo
a capire
davvero.
DIDASCALIA:
Sopra, l' Ipogeo, la chiesa sotterranea che aprirà domani
dopo
anni di restauri Accanto, megaliti
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