Gli Optional
A.A.A.Altri articoli di produzione propria

TESTATA:
REPUBBLICA
DATA:
26/06/2000
PAGINA:
42
SEZIONE:
CULTURA
OCCHIELLO:
Nel nuovo spazio cagliaritano più di tremila gli oggetti esposti
TITOLO:
Sardegna miniera d' antico
SOMMARIO:
NASCITA DI UN MUSEO
AUTORE:
di SERGIO FRAU
TESTO:
Cagliari I grandi orchi fenici - i Bes di Cartagine - finalmente
ricompaiono a ricordare che, talvolta, l' archeologia è anche
oscenità. Come un presepio marziano il tesoro di Uta fa
scintillare i suoi bronzetti di uno strano verde cupo. Poderosi
otri di terracotta lavorata grossa stupiscono anche per la data:
2200 anni a.C. Una parata di Dee madri, accovacciate così da 5000
anni, fa bella un' intera vetrina. Una sta partorendo, da sempre.
E le ceramiche micenee. E la roba cipriota. E la flottiglia di
navicelle nuragiche. E le maschere puniche. E le statuette
filistee. E la scultura romana.... La Sardegna, miniera d'
antico, si è messa in mostra al Museo, sulla rocca di Cagliari.
Tutt' intorno c' è l' Isola del Tesoro. Bella dei suoi 7000
nuraghes, di cento e cento menhir, delle Stonhenge piccole
piccole, delle tombe dei giganti, delle rocce scavate all'
anatolica, delle città fenicie sommerse. é l' isola dalle mille
sorprese ancora possibili: di quei 7000 nuraghes - tirati su ai
tempi di Troia, con massi anche di 10 tonnellate, mille anni prima
che Roma fosse grande - soltanto 16, per ora, sono stati scavati
davvero, scientificamente. Una foto tutti cerchi neri, su bianco:
è - presa dall' aereo - la reggia di Barumini, ma con la neve. E,
sezione per sezione, via nel Sulcis, nell' Iglesiente, nel
Sarrabus. La Marmilla, il Gerrei, le Giare...Tutte zone con il
doppiofondo: appena scavate un po' hanno restituito roba
archeologica. Professor Lilliu, come le sembra ? " Bello, certo.
Era ora...". Ma non si sente in colpa neppure un po' ? "Io? E
perché?". Ma l' ha guardato bene il nuovo Museo? Sembra figlio
suo. Da cosa si può capire, qui, che gli antichi Sardi navigavano
dappertutto? Che facevano parte di quella federazione di Popoli
del Mare che ai tempi di Ramses III mandò per aria metà dei regni
di Oriente? "E io che c' entro? Il Museo mica è opera mia...".
Però è lei che ha sempre scritto che qui il mare era una barriera,
un recinto, e che tutte queste cose arrivavano qui da fuori, e che
i sardi non navigavano... "Sì, ma io parlavo del periodo recente:
soprattutto da Cartagine in poi". Alcune sue pagine, però, sono
perentorie... Certo, mai quanto gli anatemi di Massimo Pallottino
che sentenziò: " Demenziale collegare Sardi e Shardana...". Poi
invece, ormai, basta aprire un libro francese o vedere un museo in
Israele per trovarvi quei Sardi-Shardana in ogni mappa dedicata al
Mediterraneo arcaico... "Ma io molte di quelle mie vecchie pagine
le ho già riscritte. Non solo: sta per uscire con i Lincei un mio
studio che rimette le cose a posto e la Sardegna in mezzo al mare.
Sa, nel nostro mestiere, di fronte a nuovi riscontri, cambiare
idea è un obbligo...". Chapeau! E sì, Giovannino Lilliu la sa
davvero lunga. Cerca il duello e, poi, vince sempre. Mica solo ora
che ha appena compiuto 86 anni. Da sempre... Barone universitario
ma senza feudi, accademico dei Lincei, democristiano doc ( ma di
sinistra, di quelli che, pur di salvare dal cemento pezzi di
costa, non esitava poi a votar contro, ed allearsi a sorpresa con
gli extraparlamentari di allora), cento libri scritti e uno scavo
- nel suo paese, Barumini, che ha fatto il giro del mondo: sotto
un montarozzo coltivato a fave ha trovato la reggia nuragica più
bella della Sardegna. L' ultimo suo studio appena pubblicato -
Arte e religione della Sardegna prenuragica 460 pagg. lire 160
mila, Carlo Delfino Editore - è, con le sue 234 schede scritte in
punta di penna e centinaia di foto, quasi un museo personale, un
vero e proprio Pantheon del Neolitico sardo e internazionale.
Così, visitare con lui i due piani nuovi di zecca del Museo
archeologico di Cagliari, è un' esperienza fascinosa che Giovanna
Melandri - qui in Sardegna per un raid di 30 ore tutto
inaugurazioni, e strette di mano, e importanti accordi
paesaggistico-culturali, finanziati dall' Europa con una montagna
di 750 miliardi, da spendere in cinque anni, a partire dal 2001 -
ha dovuto rinviare a un giorno più tranquillo. Il cerimoniale,
infatti, prevedeva sì un intervento del professore, ma solo sul
Nuraghe di Barumini, dov' era padrone di casa per celebrare con
lei l' inserimento di quel colosso di pietra nel Patrimonio
mondiale Unesco. Eppure proprio questi grandi vecchi che sanno
tutto vale la pena di starli a sentire con attenzione. Anche
perché, poi, a queste età, peli sulla lingua zero! Oddio, proprio
zero no... Ascoltiamolo, quindi: " Bello davvero, il museo. Magari
un po' piccolo rispetto a quel che c' è da mostrare... Certo, si è
perso molto, molto tempo qui da noi... Recuperare è, sì,
possibile: ma adesso servirebbe gente in gamba, pronta a darsi da
fare, e nella direzione giusta... è stata una follia chiudere il
vecchio museo: smantellare a cuor leggero quell' impostazione
poderosa che era riuscito a dargli, all' inizio del secolo scorso,
Taramelli...". Che poi - fuori dai denti, e stando attenti alle
date - vuol dire: da quando qui, al vertice della Soprintendenza,
è approdata una persona non adeguata, tutto si è impantanato.
Sette anni per questi due nuovi piani del Museo; scavi iniziati e
abbandonati; pochissimi i reperti pubblicati; piste di go-kart
accanto a siti archeologici; Tuvixeddu ( il più grande sepolcreto
punico mediterraneo) talmente maldifeso che, ormai, gli stanno per
costruire palazzi tutt' intorno; giacimenti di quell' ossidiana
sarda che arrivava ovunque( fin su alla Provenza, fino alla
Spagna) sbancati, maltrattati, feriti a morte; e magazzini che
scoppiano; e reperti che nessuno può studiare; e l' Università
tenuta fuori dal Museo... Insomma, proprio adesso che qui
servirebbe un Vivant Denon ( con uno squadrone di sapienti, tipo
quelli che accompagnarono giù in Egitto Napoleone) Cagliari ha sì,
dei sapienti, ma poi a coordinarli - invece di quello che poi
divenne il fondatore del Louvre - c' è Santoni Vincenzo,
soprintendente. Così, amando davvero ambiente e archeologia, da
queste parti più d' uno soffre. Poi, però, il nome di Santoni lo
sussurrano soltanto. Anche perché - si sa - è uno che, se vuole,
può fartela pagare: non ti autorizza più uno scavo, ti blocca una
trasferta, ti fa la vita difficile. E allora... L' ultima che ha
fatto, però, è talmente grossa che è finita sulla bocca di tutti:
sotto la pazza idea di seppellire con poderose strutture di legno
gran parte dell' antico anfiteatro romano di Cagliari, c' è - ad
autorizzarla - la sua firma. " Un sacrilegio fatto con i soldi del
Giubileo ", sbotta Lilliu che, non solo sta protestando
inutilmente da mesi, ma ha aiutato a raccogliere 4000 firme
contro. Nell' agenda ministeriale una visita all' anfiteatro non
era prevista: troppo imbarazzante arrivar lì e dover dire che è
tutto sbagliato, tutto da smontare. La sosta, poi, però, c' è
stata. E ora è certo che Giovanna Melandri - grazie al cielo -
sullo scempio ha idee chiarissime: quelle nuove gradinate vanno
usate, sicuro, ma solo per creare, da tutt' altra parte, uno
spazio teatrale che non offenda il più possente monumento romano
rimasto in Sardegna. "Le sembrano strani? Logico: sono tutti
falsi", si diverte il professore, davanti a una vetrina appartata,
a raccontare la storia di questi che sono i bronzetti nuragici più
matti del mondo. Una quindicina di figurine fatte apposta per il
mercato che nell' 800 di arte nuragica capiva poco o niente.
Vittima eccellente - a cui ne appiopparono assai - ne fu Alberto
La Marmora, qui con i suoi piemontesi a cercare di capire e
misurare la Sardegna, allora ancora mezza sconosciuta. E siccome
una storia tira l' altra, ecco che il file " Piemonte-Sardegna "
apre una finestra su certi toponimi ormai definitivi nell' isola:
"Non si capivano proprio: i cartografi dei Savoia, mezzi francesi,
chiedevano ai locali e quelli rispondevano solo in sardo. Fu così
che l' isola di malu bentu (cattivo vento) divenne l' Isola di
Maldiventre, quella dei cavuru (ovvero gamberi) divenne l' Isola
dei Cavoli e il golfo de li ranci (granchi) divenne Golfo Aranci".
Sono 3.000, ora, gli oggetti esposti. Quasi tutti di altissimo
livello. Ma 130 mila rimangono sepolti nei magazzini, murati vivi.
Carlo Tronchetti - lo studioso che con Luisanna Usai ha fatto
miracoli a far bello, e scientifico il museo - confessa: "Un
rimpianto? Lo spazio. Almeno altri diecimila pezzi meriterebbero
di esser fatti vedere... Solo con altre sale avrei potuto mostrare
quanto la Sardegna fosse legata al resto del Mediterraneo...".
Peccato, però... I fascinosi ambienti del vecchio museo - un
portentoso spazio espositivo a soli 300 metri da questo nuovo - è
stato, però, nel frattempo umiliato: dove trionfavano gli dei
mediterranei che affascinarono Junger, ci sono ora uffici,
depositi, magazzini, armadi, laboratori... Roba che potrebbe star
ovunque. In un' altra ala di un vecchio palazzo, proprio lì
accanto, altri magazzini, ma dell' altra Soprintendenza. E se
fossero proprio questi i posti che mancano? I luoghi dove esporre
a rotazione - con mostre tematiche - i tesori rimasti nascosti?
Solo all' idea sia Tronchetti che Lilliu, d' improvviso, si fanno
brillare gli occhi.
DIDASCALIA:
Una statua femminile in pietra fine IV millennio; qui sopra e
sopra il titolo, due oggetti dell' età del bronzo del Museo
archeologico di Cagliari
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