Gli Optional
A.A.A.Altri articoli di produzione propria

TESTATA:
REPUBBLICA
DATA:
13/03/1998
PAGINA:
44
SEZIONE:
SPETTACOLI
OCCHIELLO:
che commenta la storia della rivolta di un gruppo di schiavi neri

TITOLO:
Milingo: l' Africa è schiava se non torna alle sue radici. Abbiamo
visto il film "Amistad" con il vescovo
AUTORE:
di SERGIO FRAU
TESTO:
ROMA - Il cast? "Scelto a perfezione". Il plot? "Ben sviluppato,
con il ritmo giusto". La violenza? "Tenuta a freno, senza
compiacimenti". La colonna sonora? "Davvero efficace". Il
messaggio? "Quasi una metafora per tutta l' Africa: anche la
nostra terra - come i neri del film - deve trovare nel suo
passato, nelle tradizioni degli antenati gli ideali per liberarsi,
per risorgere... L' Africa sarà sempre schiava se non ascolta e
segue se stessa". Parole sante dette, con il suo italiano veloce e
scoppiettante, da Monsignor Emmanuel Milingo, il vescovo nero più
famoso al mondo. Uno dei più scomodi. E questi suoi giudizi dati
a caldo su Amistad, il filmone storico sulla schiavitù che esce
oggi nelle sale di tutta Italia, sono giudizi da esperto: solo chi
ha letto il suo Guaritore d' anime, pubblicato un anno fa con
Mondadori, sa che il monsignore anche sullo spettacolo la sa
lunga. Che con la musica se la cavasse bene persino i critici
gliene hanno dato atto, tanto che quando uscì un suo disco
Fabrizio Zampa scrisse: "...Una voce calda, profonda e rilassata
che viaggia su radici antichissime". Ma che avesse gestito per
anni, e con efficacia, una radio episcopale in Zambia, il suo
paese, e si fosse impegnato in corsi di sceneggiatura televisiva
in Irlanda, lo si è appreso dalle pagine del libro: "La radio fu
un successo: facevamo cronaca, cronaca vera, ma inserendo come
sottofondo i suoni, i rumori della vicenda. Per esempio se si
trattava di un incidente stradale, mettevamo il crash dello
scontro, le voci dell' ospedale, i pianti del cimitero... Solo a
quel punto si passava alla discussione con gli esperti". Nato nel
' 30, mandriano fino a 12 anni, poi il seminario, poi sacerdote
nel ' 58... Gli studi a Roma e Dublino, e nel ' 69 Paolo VI che lo
fa arcivescovo di Lusaka. Dall' 83 è a Roma, delegato pontificio
per le Migrazioni e il Turismo. E... guaritore d' anime. Dall' 89
non viene ricevuto dal papa. Lui è di etnia Nguni, grandi
guerrieri che il secolo scorso entrarono in conflitto con gli
altri Zulu di Shaka zulu, il Napoleone nero che fece impazzire gli
inglesi. Migrarono a nord i suoi antenati, in Tanzania, e lo
schiavismo dei bianchi non li toccò mai. Il loro, poi, era del
tutto diverso: "Quando, con una guerra, gli Nguni prendevano degli
schiavi, li addestravano per inserirli nelle loro armate. Chi
dimostrava di meritarlo, poi, veniva accettato nella tribù e
diventava un Nguni a tutti gli effetti. Era una servitù temporanea
di uomini, non un traffico di bestie da sacrificare...". Si crea
uno strano gioco di specchi nella saletta di proiezione dove
Milingo assiste in anteprima al film: "Cinque, il protagonista,
che s' infuria quando gli vengono usati contro i condizionali
ipocriti della diplomazia o quando si rimangiano l' assoluzione
tanto sospirata, è un africano vero, all' antica. Crede alla
parola data. Chiede certezze" dice, e si capisce che sta pensando
anche a se stesso alle strenue difese che in questi anni gli è
toccato fare delle messe oceaniche, movimentate e un po' africane
che lui celebra a Zagarolo, con la nomenclatura del Vaticano che
gli storce contro il naso o lo critica apertamente, senza però mai
osare l' affondo: "Da 25 anni sono osteggiato, combattuto,
criticato...". E forse anche quando dice "è bello come, nel film,
i bianchi cerchino di capire i neri, di interpretare le loro
parole con rispetto e umanità" sta pensando un po' a se stesso, a
quanto vorrebbe poter esser compreso, spiegarsi, far svaporare i
dubbi su di lui... E fa effetto vedere - con lui accanto - quella
croce di Cristo che nel film - come avvenne in realtà - benedice
l' ingresso dei neri nella schiavitù e nel cristianesimo,
contemporaneamente. Ma lui dice, senza problemi: "In Africa questo
timore della croce è rimasto legato al terribile sospetto verso la
religione dei bianchi così legata alle razzie negriere". Uomo di
media, dell' opera di Spielberg alla fine sentenzia: "è
utilissima: aiuta a capire quanto duro sia stato abolire la
schiavitù. Un po' come in Sud Africa: erano molti i bianchi dalla
parte dei neri, ma quanto ci volle poi per dire addio all'
apartheid". A parlare dell' Africa, la sua Africa si fa amaro:
"Schiavismo, colonialismo... E ora, forse, la cosa più grave:
stanno condizionando mentalmente gli africani tanto da spingerli a
cancellare la loro identità. Li hanno convinti che la vita di oggi
è solo politica ed economia. Ci dicono: Se voi africani volete
stare nel mondo dovete essere come noi, smettere di pensarla a
modo vostro... Pensate piuttosto all' occidentale! Così, ora, l'
africano - che non apprezza più se stesso - è obbligato a
dimenticare la sua cultura, i suoi valori, la sua storia. Così
oggi siamo di nuovo - intellettualmente, mentalmente,
economicamente - schiavi dei bianchi. E anche oggi, come ieri,
spesso ci sono altri neri a fare da intermediari". E continua:
"Per di più l' Africa, di solito, viene presentata solo per far
pietà. Quindi povertà, miseria, fame, guerre... O animali. Mai la
serenità del lavoro, della vita di tutti i giorni... Mai la
normalità!". Tutti sintomi, metastasi, di quel razzismo che si
vede nel film... Un razzismo nato allora, per giustificare lo
schiavismo, e che esiste ancora, persino in Vaticano: "L' ho
sperimentato io stesso, con dolore, perché non ho voluto tradire
la mia natura di africano, di cattolico africano. Basti dire che
da anni tentiamo, senza riuscirci, di creare un posto a Roma per
religiosi africani... Ormai si è capito: non possiamo aspettarci
nulla dal Vaticano. Se davvero avessero voluto, avrebbero già
fatto".
DIDASCALIA:
Monsignor Emmanuel Milingo, il vescovo nero più famoso del mondo

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