Gli Optional
A.A.A.Altri articoli di produzione propria

TESTATA:
REPUBBLICA
DATA:
28/12/2000
PAGINA:
40
SEZIONE:
CULTURA
OCCHIELLO:
La nostra salvezza nel Mediterraneo
TITOLO:
MORIN
SOMMARIO:
Radiografia di una regione dimenticata Intervista al sociologo
francese
AUTORE:
di SERGIO FRAU
TESTO:
Villa Nova y la Gertrù (Barcellona)
Le cose che si sentono qui-in
questo convegno di studiosi, organizzato dall' Istituto Catalano
del Mediterraneo e dall' Associazione di Edgar Morin, tutto mirato
a Pensare le complessità del Sud-non si sentono, ormai, da nessun
altra parte: roba scomoda che rovina una cena, che abbassa l'
audience, che richiede sempre troppe righe per essere raccontata
davvero, del tutto.
Come Josè Luis Solana, antropologo, che è
arrivato con le sue carte in mano, a dimostrare come e quanto
nella sua Andalusia, con questa solfa stramoderna dell' impiego
precario e interinale-stringi stringi-si sia tornati a standard da
Rivoluzione Industriale Inglese inizi ' 800: donne a casa a far
roba pagata a cottimo, aiutate dai bambini; gli operai, loro
mariti, assunti a tempo e guai se provano a protestare ché allora
niente rinnovo di contratto; trattative individuali o nulla;
ricattabilità e precarietà? Massima, oltre qualsiasi livello di
guardia...
E c' è Mario Giro di Sant' Egidio che svela il dietro
le quinte da cui la sua Comunità opera quando fa da paciere, con
le mille, lente, sottili sfumature che sono state utili in
Jugoslavia (" ...Il clima è cambiato solo quando abbiamo
dimostrato di essere in grado di interpretare i messaggi che le
loro sacre icone trasmettevano"). E salta fuori anche di come, in
Spagna, i soldi cambiano nome alla gente: sei arabo se ce li hai;
moro se, invece, arrivi su a caccia di lavoro. E, anche, di quelle
idrovore finanziarie con cui il Nord succhia sangue e soldi al
Sud: "Dai nostri paesi dell' America Latina-dice José Luis Cepeda
Dovala, sociologo a Città del Messico-fino a dieci, vent' anni fa
si drenavano solo materie prime: ora con il Grande Debito,
produciamo soprattutto denaro, ma solo per spedirlo ai paesi già
ricchi. Dal 1995 al 1999 il Messico ha dovuto pagare 62 milioni di
dollari di interessi- soltanto di interessi!-al Nord...".
Ed è
nelle pause del convegno, che vieni a sapere che i Palestinesi
copieranno gli Ebrei: metteranno in Internet le foto di tutti i
loro morti-non solo di questi ultimi 350: tutti!-come corridoi di
Auschwitz, ma virtuali e-usando la stessa legislazione
internazionale utilizzata finora dalle organizzazioni ebraiche in
questi ultimi anni-chiederanno anche loro il Diritto al Ritorno
per quelli della loro di Diaspora, e i risarcimenti come gli
Ebrei, ma agli Ebrei. Loro stessi, ormai, nuovi Ebrei.
O anche
che isole caraibiche e isole nostre hanno gli stessi problemi: il
turismo che se le mangia, mordendo via con i suoi recinti dei
villaggi-vacanze i pezzi migliori, e non lasciando che qualche
soldo agli indigeni. O che a Gibilterra c' è ormai il luogo
simbolo dell' Oggi: il Cimitero dei Senzanome, fossa comune per i
marocchini che in Spagna ci arrivano solo galleggiando-cadaveri, o
a pezzi-spinti dalle onde sui bagnasciuga delle Colonne d' Ercole
d' Europa.
Sono flash, scosse elettriche, raggi x...
Una
radiografia guastafeste del Mondo, del concetto stesso di Sud, che
nell' ultimo mezzo secolo-dai e dai-ci hanno abituato e convinto a
considerare solo come specchio deforme e arretrato di un Nord
invece levigato, efficiente, perfetto.
Con Edgar Morin vale la
pena di usare lo zoom sul Mediterraneo, mare nostro, protagonista
controverso, dimenticato, tagliato dalle paure. Edgar Morin: "Un
mare davvero strano con quel suo Dio unico, ma diviso in tre: tre
déi gemelli e nemici, motori di religioni che non sono più
soltanto monoteiste ma anche monopoliste, con ciascuna che
pretende la vera adorazione...".
Grande affabulatore, Morin lo è
stato sempre. Scomodo-e, talvolta, spietatamente scomodo-anche.
Ora, a 79 anni, dà il meglio di sé. Un suo libro (Introduzione ad
una politica dell' uomo) esce in questi giorni per Meltemi. C' è
da giurare farà discutere, pensare. Al solito.
Mediterraneo,
dunque. Morin parte con un ricordo-parabola: "A Valencia dovevo
tenere un corso proprio sul Mediterraneo. Mi serviva una carta. La
cercammo ovunque: introvabile! C' erano mappe dell' Europa, dell'
Asia, dell' Africa, ma nessuna del Mediterraneo. Questo mare, che
è stato l' origine di tutto, è ormai come scomparso dagli occhi,
dalle teste, e persino dalle carte. Come riuscire rendersi conto,
ora, di quella sua linea sismica che-attraversandolo, dal Caucaso
a Gibilterra-concentra e riassume tutto quel che si contrappone
nel pianeta: Occidente e Oriente, Nord e Sud, Islam e
Cristianesimo (con l' interferenza aggravante del giudaismo),
laicità e religione, fondamentalismo e modernismo, ricchezza e
povertà. Queste opposizioni si esasperano, poi, negli antagonismi
tra Stati dalle frontiere arbitrarie, che finiscono per opprimere
ciascuno un' etnia, o una religione. La guerra endemica in Medio
Oriente, ad esempio, fa di quella zona la principale polveriera
del mondo".
Come vede-lei, di famiglia ebraica-il dramma di
laggiù, con Gerusalemme a far da capitale, fin troppo santa, alla
complessità?
"E' paradossale: quello è, sì, un problema enorme,
eppure non è un problema complesso. C' è Gerusalemme Est con i
suoi monumenti sacri, musulmani e cristiani, e una popolazione
araba islamico-cristiana; e c' è Gerusalemme Ovest con la sua
popolazione ebrea. Il problema è che dopo la conquista di
Gerusalemme, nel 1967, il mito si è ingigantito e l' ha prevista
come Capitale Eterna di Israele. La parola "eterna" è però davvero
molto pericolosa: è una parola che blocca, fissa, mentre è
evidente che politica e società sono "nel" tempo. Quest' idea è
stata poi rinforzata ancor più dalle correnti religiose, convinte
che Dio abbia promesso a Israele Gerusalemme, la Giudea, la
Samaria e via dicendo..."
E quindi?
"I Palestinesi, Arafat,
forse, almeno all' inizio, la pensavano così anche loro, dal loro
punto di vista, però: ma con gli accordi di pace, alla fine, si
sono evidentemente rassegnati a conservare solo Gerusalemme Est
come loro capitale. Dunque il problema, di per sé, sarebbe facile:
la divisione. E' la carica di Sacro, Mitologico e Religioso che fa
il problema, il blocco. C' è chi si ostina a "vedere" un tempio
invisibile, e finge però di non accorgersi che, ora, lì da più di
mille anni esiste una grande moschea ben visibile... Molto più
complessa, invece, la questione dei rifugiati palestinesi,
"rifugiati" ormai da 50 anni. La logica pretende di applicare
anche a loro quel che Israele chiede per gli Ebrei: il Diritto al
Ritorno. E' un problema difficile, ci vorrà del tempo,
compromessi, pazienza. Poi il brutto nodo dei coloni portati lì,
messi lì per compensare la demografia dei Palestinesi..."
C' è
chi ha preso per buona la versione di Sharon su quella sua
passeggiata alla Spianata delle Moschee: "Non c' era nessun
intento provocatorio... Non mi aspettavo questa tragedia..." ha
detto, e gli hanno creduto. Lei gli crede?
"Lui sapeva
perfettamente quel che sarebbe successo. E' stato un atto di
possesso e di provocazione. Anche lì la situazione è complessa ma
anche semplice. Gli accordi di pace, lentamente, avevano portato
impegni e promesse. Tipo: uno, arrestare l' insediamento dei
coloni. E gli insediamenti, invece, poi, non sono stati fermati.
Due: cedere ai Palestinesi i territori previsti dai patti, in
certe date. E non sono stati restituiti, se non in piccola parte,
e per di più senza rispettare le scadenze. Tutto questo-aggiunto
alle umiliazioni quotidiane sopportate dalla popolazione
palestinese-ha fatto perdere loro la fede di avere mai la pace. In
questo clima Sharon ha preso il suo fiammifero e ha dato fuoco.
Cause profonde e cause occasionali, sono tutte qui ".
Se lei
fosse il Re dei Re, se per magia le dessero carta bianca, che cosa
farebbe, a questo punto, per arrivare alla pace?
"Il mio primo
atto? Chiederei alle potenze del mondo di fare pressione su Barak,
sulla politica israeliana, perché si compia la divisione di
Gerusalemme. Quello sarebbe un atto già talmente simbolico che
calmerebbe questa febbre. Secondo atto: installare cordoni di
forze di pace dell' Onu sia nelle zone critiche che in quelle che
si è già deciso di dividere. E il ritiro dei coloni dalle zone
destinate ai Palestinesi... E il ritorno garantito e facilitato a
quelli che vogliono tornare... E libera circolazione per tutti...
Se, poi, fossi davvero un Super Re, però, farei subito dopo un
riunione globale sul Medio Oriente per l' acqua, problema dei
problemi. Dia retta: se il Mediterraneo è la sintesi dei problemi
Nord-Sud, Gerusalemme a sua volta li concentra tutti".
Vede una
terapia anche per le nevrosi europee causate dalle migrazioni?

"Bisognerebbe copiare la Francia... Non, quella degli ultimi anni
però, ma quella che nel secolo scorso accolse frotte di lavoratori
dall' Italia, dalla Grecia, dal Nord Africa. Sono bastate una, due
generazioni per l' integrazione completa: diritti uguali per
tutti, subito; i loro bambini che nascevano francesi; con i
matrimoni misti che facevano il resto..."
Basterebbe?
"Certo,
bisognerebbe anche risolvere il problema della corruzione e dell'
inefficacia degli aiuti ai paesi più poveri da parte delle grandi
organizzazioni internazionali. Aiutarli davvero, ma anche a star
bene a casa loro: soprattutto in agricoltura ci sono alcuni loro
ritardi benedetti-culture pulite, all' antica-che ben utilizzati,
resi più efficienti, possono trasformarsi in ricchezza. Sarebbe
necessario fare progetti mirati-per l' acqua, contro la
desertificazione, per la lavorazione sul posto di alcune
produzioni, potenziare le energie pulite-che tengano quindi conto
delle realtà locali. E' ora di lasciar perdere interventi
standardizzati-tipo monoculture, o industrializzazioni selvagge, o
chimica a tutto spiano-che non solo non appartengono a questi
mondi ma troppe volte rischiano di indirizzarli su quel cammino
già fatto da noi che, ormai, abbiamo visto essere disastroso".

Avvicinare le due coste del Mediterraneo, quindi, con più
rispetto, più conoscenza? E' così?
"Questo nostro mare sta
subendo più gravemente di altri l' insieme delle minacce globali
che pesano sulla Terra: il nucleare di cui, per ora, solo Israele
ha le testate, ma che presto anche altri, lì vicino, avranno; la
minaccia ecologica che non vuol dire solo inquinamento, ma anche
urbanizzazione esasperata. Ed equilibri che saltano, e deserto che
avanza, e inondazioni sempre più devastanti. E sullo sfondo, dagli
anni ' 70 del secolo scorso, la Perdita del Futuro".
In che
senso?
"Ormai il Futuro, un po' per tutti, si chiama Incertezza:
abbiamo smarrito tutte le sicurezze che ci guidavano verso l'
avvenire. E' svanita la solidarietà che era parte integrante della
vita di un tempo. Persino la triade Scienza-Tecnica-Industria ha
perso il suo carattere provvidenziale, mostrando l' altra sua
faccia, quella più inquietante. Ci siamo anche accorti che
individualismo vuol dire, sì, autonomia, emancipazione ma, pure,
atomizzazione, anonimato. E anche secolarizzazione: ormai sappiamo
che è, sì, liberazione rispetto ai dogmi religiosi ma, insieme,
angoscia, dubbio, nostalgia di grandi certezze. Ed è proprio così,
con la Crisi del Futuro, che arriva la Rivincita del Passato: quel
passato che era stato distrutto dal futuro, ora resuscita e
proprio dalle rovine del futuro. Ed ecco il ritorno alle radici
etniche, nazionali, religiose, perdute o dimenticate da cui, poi,
nascono i fondamentalismi. Son bastati quei mille giorni, tra il
1977 e il 1979, per imprimere un incredibile giro di boa alla
storia del Mediterraneo".
Mille giorni?
"Nel ' 77 il sionismo
laico lascia il posto a un israelismo biblico con l' arrivo di
Begin al potere; nel ' 78 Giovanni Paolo II è eletto papa e
intraprende la sua nuova evangelizzazione del mondo; nel ' 79 l'
Iran, ormai laicizzato, precipita sotto il potere dell' ayatollah
Khomeini. Gli effetti di questi formidabili testa-coda che stiamo
vivendo tra Passato e Futuro sono del tutto imprevedibili.
Rischiamo di essere stretti tra due barbarie: la prima che arriva
dal fondo dei secoli e porta guerre, fanatismi, massacri: la
seconda ghiacciata, anonima, che nasce dalle esasperazioni
tecno-industriali della nostra civiltà: non conosce che il calcolo
e ignora gli individui, i loro sentimenti, le loro anime".
Come
se ne esce, a questo punto?
" Cercando e ritrovando quella che io
chiamo "l' Essenza profana" del Mediterraneo".
Ma dove? E come?

"Nell' apertura, nella comunicazione, nella tolleranza e nella
razionalità. Ma poi, però, serve sacralizzarla questa essenza
profana: ci dobbiamo "ri-mediterraneizzare" come cittadini della
comunicazione, del contatto ma anche della complessità. L' unica
religione che dobbiamo sentire in noi è quella che ci
lega-profanamente-gli uni agli altri. E bisognerà liberarsi dai
complessi verso il Nord che ha iper-sviluppato il suo modello di
pensiero riduttivo, quantitativo, disgiuntivo: è fatto per gestire
solo la prosa della vita. La prosa, però, fa sopravvivere; la
poesia è, invece, vivere: un pensiero meridionale-come ha
sostenuto giustamente Franco Cassano nel suo Mal di
Levante-integra, in se stesso, poesia e arte di vivere. Di questo,
il Mediterraneo ha bisogno: di un pensiero complesso che colleghi
insieme, riconosca e difenda le qualità della vita, le sue
identità: arte di vivere, saggezza, poesia, comprensione".
Ci si
può riuscire?
"Abbiamo appena visto crollare il Muro di Berlino:
ovvero l' insperato che, d' improvviso, diventa non solo
possibile, ma che si realizza. E quante altre volte l' Improbabile
ha trionfato rispetto al Probabile? Dia retta: speriamo l'
Insperabile e diamoci da fare per l' Improbabile".

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